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Le sei del pomeriggio

Pubblicato in Racconti Inediti
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ineditiLe sei del pomeriggio di un qualunque giorno in qualunque aprile, sono seduto al giardini del Lussemburgo, da qui vedo la Rue Palatine e il traffico che scorre, mi stringo nel mio impermeabile, più adatto a una primavera piovosa in Italia che qui a Parigi. Mi hai detto che saresti venuta con l’autobus il primo che passa è il 63, è quasi vuoto, passa veloce e non si ferma, poi passa un 87 che sfreccia verso la stazione di Mount Parnasse, e poi un 83 carico di studenti.

Un uomo spinge una carrozzina passa veloce, si affretta. Le prime gocce di pioggia cominciano a cadere, la panchina dove sono è riparata dagli alberi. La luce comincia a calare, soffia un vento moderato, a raffiche,

Mi chiedo se arriverai, se hai capito perché voglio rivederti dopo un anno, chissà forse c’è un altro e hai deciso che è meglio non venire ma almeno chiamami così posso andare in quel piccolo Bistrot di fronte, a prendere un caffè e a riscaldarmi un po’.

Suonano le campane di Saint Sulpice; il papà con la carrozzina guarda l’orologio quasi per controllare se le campane suonano all’ora giusta, e và verso il parcheggio.

Nel “Bistrot du Palatine”, entra un uomo intabarrato in un montgomery verde, si dirige verso un tavolo dove c’è un altro signore con una vecchia giacca di tweed, che lo vede, si alza e gli va incontro salutandolo cordialmente. L’uomo fa un gesto verso l’altro come per chiedergli se vuole qualcosa. L’uomo con il montgomery fa un cortese segno di diniego e indica l’orologio, l’altro si alza indossa l’impermeabile senza abbottonarlo e tutti e due vanno via nella pioggia che adesso è più forte.

Le campane non suonano più, le automobili e gli autobus cominciano ad accendere le luci.

Passa l’86, è vuoto forse sta andando al deposito.

Si ferma l’87 è pieno, la gente a quest’ora sta uscendo dagli uffici e torna a casa, scendono alcune persone, siamo al crepuscolo e piove, ma non moltissimo, solo quel che basta a rendere la scena un un po’ irreale. Dall’autobus scende un uomo con un tappeto su una spalla, sembra un nordafricano, poi vedo un impermeabile rosso e un ombrello bianco, sono sicuro, sei tu, mi alzo dalla panchina, guardo bene, ma sei tu? Faccio un gesto, tu rispondi e saluti, mi corri incontro, sto per piangere, mi abbracci, mi copri di baci il viso e poi mi fai, ma stai piangendo? E io “è la pioggia che mi bagna il viso” e lei sorridendo “mah a Parigi piove salato dunque?” Ci baciamo ancora e andiamo a ripararci davanti ad un te caldo al bistrot di fronte.

La chiesa di San Sulpice è sempre più offuscata nella luce del crepuscolo e dalla pioggia che continua a cadere sottile. Dissolvenza…

Edoardo Angrisani

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