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Un pugno di eternita’

Pubblicato in Racconti Inediti
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Anni fa lessi una citazione che recitava: “Se vivi ogni giorno come se fosse l’ultimo, uno di questi ci avrai azzeccato”. Mi fece una grande impressione, e da quel momento, ogni giorno mi guardavo allo specchio e mi chiedevo: “Se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?” E ogni volta la mia risposta era un NO!

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La morte è un’esperienza che si consuma in un attimo quanto basta per prendere atto di una sconfitta che brucia e che fa sempre rabbia. Perché non scegliere un’altra dimensione per ricucire ciò che la morte può stracciare per sempre, partendo proprio dalle occasioni perdute. Le stesse che devono farci ripensare alla morte coniugandola con la vita.

Fu quella riflessione l’agente di cambio della mia vita: fare piazza pulita del vecchio per aprirmi al nuovo.

Immersa in quei pensieri aprii il cassetto della mia scrivania. Avevo ricevuto la telefonata di Livia un’amica che non sentivo da quando indossavamo i calzini corti. Una telefonata inattesa quanto gradita, che era piacevolmente scivolata sul terreno della nostalgia. Del tempo che fu. Quello che, secondo alcuni, non torna più. Sarà poi vero? Livia mi aveva ricordato alcuni versi di una poesia che avevamo letto all’indomani della morte della mamma e del papà. Una botta di quella che buttano gambe all’aria e mandano il cervello in frantumi: erano morti a distanza di un mese l’una dall’altro. E lei vide come bloccarsi le lancette del tempo: che senso aveva più vivere da orfana? E vide gli spazi della casa finire imprigionati dietro una lapide.

Ero curiosa di trovare quella poesia, che lei ricordava come cosa cara e tenera e che aveva aiutata il suo cuore ad aprirsi quando alla porta bussò Giorgio con la sua proposta d’amore. E mentre rovistavo mi chiedevo se mi ero aperta al nuovo… se avevo trovato la forza e il coraggio di fare del dolore un investimento…

Era trascorso tanto tanto tempo da quando Livia aveva pianto sulla mia spalla: avevo ancora con me quel maglione rosa confetto del colore delle sue guance. E lei ora era tanto tanto lontana da me. Chilometri e chilometri che se provavo a contarli mi sarei addormentata….eppure…eppure…Livia era quella di tanti anni fa e la vedevo vicino a me. Pensavo e rovistavo alla ricerca di un quaderno con la copertina rosa, il diario della mia adolescenza. Finalmente mi venne incontro. Una visione. Una intuizione. Quel cassetto, quel quaderno contenevano il tempo e lo spazio di tante storie, di tante emozioni…Niente era passato, niente era lontano da me. Noi siamo i padroni del tempo e dello spazio, che possiamo conservare e adattare alla nostra vita. La foto di una persona cara in una cornice: è la storia di un tempo e di uno spazio consumato con lei. E’ una storia di vita che fa piazza pulita del vecchio per aprire la strada al nuovo. Così un quaderno… un abbraccio…una carezza… una festa…. una ricorrenza… una penna… un foglio di carta… un maglione… un cassetto… un prato… un volo d’uccelli… un gioco… uno sguardo… un sospiro… una finestra… un letto… un lenzuolo… un cuscino… un pigiama… un balcone… lo sguardo della luna…. le luci delle stelle… il sorriso del sole… le bizzarrie del vento…. la leggerezza delle nuvole…. Tanti pezzi di tempo di spazio… di vita che io posso avere a portata di mano, tanti pezzi di un puzzle che si chiama eternità.

La morte è la migliore intuizione della vita!

Non sono povera cosa

se ti parlo di amore

e tu senti il cuore scaldarsi…

Non sono povera cosa

se le lancette dell’orologio

vanno avanti e indietro

come i pensieri che camminano

con me e con chi amo…

Non sei povera cosa

se la morte non ha fermato il tempo

del tuo orologio di casa…

Non sei povera cosa

se nel camposanto

lo spazio fatica a contenere i tuoi spazi…

Non sei povera cosa

se chiudi gli occhi

e come per incanto

cogli l’eternità di mamma e papà.

Non sei povera cosa

se ti senti eterna con loro

se aspetti l’eternità dell’amore

quando busserà al tuo cuore…

Non sei povera cosa se

un giorno mi chiamerai

e parlerai d’eternità al mio cuore

che sarà felice di saperti felice.

L’immensità della vita

diventa l’eternità nella quale muoversi

a proprio agio…

Chi è povera cosa

si perde,

e nessuno lo troverà.

Manco lui stesso.

Sii affamata di vita…

Sii folle!!!

Ecco era quella la poesia che avevo scritto a Livia alle soglie del camposanto.

Chiusi il quaderno e lo riposi nel cassetto insieme al tempo, allo spazio e a quel pezzo di vita.

Ritornai alla mia eternità di gesti e di pensieri sempre più convita che l’aldiquà è una meravigliosa intuizione dell’aldilà.

Carmen Cangi

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