È l’alba quando ormai giungo nella “Mia Terra” e le montagne sembrano darmi il benarrivato. L’auto è lì che mi attende, parcheggiata con cura da mio padre la sera precedente e la chiave è lì, nascosta sotto la ruota posteriore lato guidatore. Apro, carico la valigia, accendo l’aria della Panda blu Giannini Sport per far sbrinare i vetri e nel frattempo mi reco al bar di fronte a prendere un caffè, l’odore dei cornetti appena sfornati mi chiama, e ne compro qualcuno da portare a casa. Non è proprio nelle abitudini di mamma e papà far colazione con caffè e cornetto, abitudini di questi tempi non di quelli in cui loro avevano la mia età, ma li porto lo stesso: oggi è festa, la piccola rientra a casa! L’auto è pronta, si può andare.
Durante il tragitto incontro i pendolari del mio paese che si recano a lavoro, li saluto suonando il clacson quasi come a urlare: “ciao, sono tornata, ci vediamo in giro, magari stasera all’aperitivo!”. Nel far ciò sono incurante della natura che si sta svegliando, e me ne accorgo solo quando vedo uno stormo di uccelli che prende il volo dal prato che costeggia la strada: “ops, scusate!” Finalmente arrivo all’ultima curva e dopo di essa si apre la vallata, sono a casa, le montagne che la racchiudono mi stringono come se mi stessero dando un abbraccio, è sempre così, la prima stretta, il primo benvenuto, il primo senso di protezione e sicurezza; prima di ricevere quell’abbraccio umano che trasmette quel senso di pace che solo mamma e papà riescono a farmi sentire, ci sono loro. Le uniche che come i miei genitori mi hanno vista crescere, mi hanno vista piangere e sbagliare, mi hanno vista ridere e raggiungere traguardi. Sono state lì quando avevo bisogno di perdermi nell’immaginazione, quasi a offrirmi la loro spalla, fissarle mi faceva riflettere, il guardare al di là mi faceva pensare a cosa avrei conosciuto varcandole, quali nuove situazioni di vita mi sarebbero capitate. Mentre pensavo a tutto ciò loro mi ricambiavano lo sguardo tranquillizzandomi, mi ascoltavano e mi incoraggiavano, proprio come genitori, però loro sapevano e sanno ancora tutt’oggi di più perché come allora confido loro quelle preoccupazioni e domande esistenziali che ognuno di noi ha, quei dubbi che mi fanno sussurrare: “mah! Speriamo!”.
Una volta entrata nel loro abbraccio, il percorso è breve, mi dirigo verso casa, l’ingresso lo faccio dalla strada principale perché è bellissimo il borgo all’alba, quando nelle case vedi le prime luci e per le strade l’odore del caffè ti dice che un altro giorno sta per iniziare, anche se a ritmi lenti; tra un po’ però ci incontreremo, ci racconteremo, sorrideremo, e ci prepareremo a festeggiare i giorni che verranno.
Arrivo finalmente davanti al mio portone, parcheggio, scendo e l’odore del panificio di fronte casa già mi riporta alla mente mille ricordi, già so che per una colazione di metà mattinata mangerò una pizzetta con quella croccantezza, che mi ricorda la ricreazione delle scuole.
Il portone si apre, non devo neanche suonare, e sì lui è lì, mio padre, dietro ai vetri ad attendermi, e la moca già pronta sul fornello che attende solo me per l’accensione della fiammella, dopo l’abbraccio con lui.
Francesca Soloperto