Sep 27, 2023 Last Updated 3:34 PM, Sep 7, 2023

Il critico d’arte

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Pubblichiamo volentieri l’intervento di un nostro lettore, Canio Franculli, Dirigente scolastico in pensione, sulla figura del critico d’arte. Un articolo interessante che propone un excursus nella storia della filosofia e dell’arte. Buona lettura!

Credo che l’estetica e l’arte siano tra gli osservatori più interessanti esistenti sulla realtà. Cos’è l’arte è naturalmente argomento complesso. E in particolare ancora più complessa sembra essere l’arte contemporanea. Diventa, invece, di semplice e lineare definizione se si accetta l’argomentazione base di Kant, espressa nel “La critica del giudizio. Scrive Kant: “Per distinguere se qualcosa è bello o no, noi riferiamo la rappresentazione non all’oggetto, per la conoscenza, ma al soggetto e al suo sentimento del piacere e del dispiacere mediante l’immaginazione (forse legata con l’intelletto). Quindi il giudizio di gusto non è un giudizio di conoscenza, e dunque logico, ma è estetico, intendendosi con ciò che il suo principio di determinazione non può essere altrimenti che soggettivo”. Questo dice Kant: il giudizio di piacere è personale. Più tardi un altro grande dirà che ciò che piace è scientificamente osservabile e misurato. Quindi non ha nulla di personale ma è oggettivo. Il piacere e la grandezza di un’opera non è affidata al giudizio personale ma sono soggetti a una analisi e a una valutazione obiettiva. Se personalmente ho capito bene credo che uno dei massimi critici contemporanei, Vittorio Sgarbi, sia di questo secondo parere.

    

L’arte classica si presta ad essere di più facile e immediata lettura e di intuitivo giudizio valutativo. Gli angeli che si dipingevano erano angeli, i bei  visi aristocratici o di Madonne erano bellissimi visi e la prospettiva era reale prospettiva. Ma la prospettiva con Pat Mondrian è diventata altra, è diventata moderna. A partire dagli anni di nascita della modernità il concetto di bellezza, e il pensiero stesso, è diventato sia oggetto che  soggetto d’arte, indipendentemente dalla sua oggettuale riproduzione rappresentativa.

Non occorrono più Madonne, non occorrono piazze (La scuola di Atene, per esempio), non occorre rispettare fedelmente le proporzioni (Chagall per esempio) per fare arte.

L’oggetto d’arte è diventato talmente minimalista da diventare altro dal passato e confluire sulla tela in macchie, in tagli o monocratismi di varia concezione. Nascono e si sviluppano l’arte astratta e quella concettuale.  Un taglio (Fontana) è concetto. Il concetto è un prodotto umano e quindi è  progetto naturalmente estetico, oltre che etico e politico. Il taglio è progetto che va oltre la tela e il cromatismo facendo parlare e unire i mondi dell’uomo che stanno avanti e dopo, sono ferite aperte, paesaggi e passaggi che non occorre più definire: esistono e ora sono materialmente visibili nell’essenzialità del taglio.

L’arte pittorica si spinge fino a fare a meno dei pennelli e dei colori e nascono le monocromatiche tele ondulate su chiodi di Enrico Castellano.

Il tempo, già agli inizi del Novecento, nel ‘17, è maturo per la modernità perché basti ora soltanto una firma per legittimare l’arte: la si può mettere su un orinatoio (Marcel Duchamp) o, negli anni Sessanta, su scatolette di merda che diventano merda di autore (Piero Manzoni). In America Pollock prende a verniciate in faccia le tele, la forma non serve più a niente, e poi le ritaglia. Il suo dolore, la sua voglia di vivere, di essere e di dire diventa rabbia creatrice che, distruggendo, si racconta. Rothko dipinge quasi monocromaticamente grandi superficie che non sono però luoghi deserti, ma luoghi che invitano a un percorso interno. Sono storie che si lasciano leggere e percorrere. L’occhio del moderno che li vide è occhio figlio di una modernità che consente letture altrimenti impensabili in tempi antichi dominati da altre culture.

L’arte moderna, per la sua natura spesso demolitrice o minimalista, comincia a configurarsi sempre  più anche quale luogo di un sapere estetico creativo spesso indecifrabile e caotico. Soprattutto per il grande pubblico. Vi occorre una guida, una lampada che illumini la sua strada e il suo obiettivo, quindi il suo progetto politico-esistenzialista.

Nella pittura pre-ottocentesca venivano rappresentati ritratti, figure e paesaggi fedeli alle regole classiche della pittura. Tutte le composizioni erano ben leggibili. Poi, lentamente, dagli impressionisti in poi, passando da Paul Klee fino a Picasso e arrivando agli anni Cinquanta americani, con Pollock o con Rothko, e poi ancora negli anni Sessanta europei e successivi, dalla Pop Art di Mario Schifano alle opere e alle performances di autori come Cattelan o Marina Abramovic, le cose cambiano. Perché è la società che nel frattempo è enormemente cambiata sotto l’influenza, tra l’altro, della tecnologia e del consumismo.

La figura del critico d’arte nasce alla fine della seconda metà del Settecento e ha subito uno sviluppo continuo e complesso impensabile all’inizio, ma anche altrettanto necessario e insostituibile per leggere e comunicare il cambiamento.

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Oggi l’arte non può fare a meno del critico, professionista nel quale convergono l’intellettuale, il commerciante e l’artista. E altrettanto consolidata è la considerazione che il mondo dell’arte contemporanea è interessato ad uno sviluppo di sempre maggiori proporzioni, particolarmente legate alle necessità di incremento della sua funzione socio-culturale e del suo uso e valore economico-finanziario. L’ arte non può fare a meno di essere anche un prodotto commerciale. E il critico non è estraneo a questo aspetto della produzione artistica. 

E’ una figura che è andata specializzandosi negli anni  e che la si trova a qualsiasi livello del mondo artistico: dagli eventi internazionali degli spazi espositivi dei grandi musei e delle grandi gallerie, fino  alla miriade di eventi legati alle piccole gallerie e alle proposte locali, di aree territoriali, quindi,  molto ristrette e periferiche.

Nel panorama del mondo dei critici vi sono quelli che  scrivono saggi tradotti anche in altre lingue, fanno didattica, promuovono convegni  e collaborano con l’editoria e gli spazi museali sia nazionali che internazionali. Sono studiosi che insegnano all’università o in prestigiose accademie. Questi critici tendenzialmente danno all’arte contemporanea un apporto teorico e una prospettiva storica. Sono professionisti solitamente non militanti e che si interessano prevalentemente di grandi mostre nonché di artisti già ampiamente affermati.

Una funzione particolarmente specifica al campo dell’informazione di massa viene svolta dai critici che curano rubriche fisse di grandi o piccoli quotidiani o riviste specializzate. Questi incidono sugli autori e sulle loro opere in misura direttamente proporzionale all’area territoriale nella quale operano.  Più il loro media è di larga fascia, e quindi comprende un pubblico di vaste proporzioni, più la loro posizione e il loro potere di incidenza è maggiore. Nella misura in cui si riduce la loro area il territoriale di riferimento decresce anche la loro autorevolezza, pur continuando, naturalmente,  ad essere senz’altro critici corteggiati dagli artisti locali di cui sono in grado di decretarne in zona il successo o meno.

A qualsiasi livello i critici di solito si servono e privilegiano la carta stampata. Il mezzo televisivo e il web svolgono anch’essi una funzione informativa e divulgativa  ma che non ha ancora raggiunto l’efficacia riconosciuta alla carta stampata, dai cataloghi all’articolo e al saggio.

La diffusione delle notizie per mezzo della stampa scritta riversa un’importanza altrettanto strategica, sia a livello locale che di più ampia portata, di cui si serve il critico d’arte: riesce a dare immagine al singolo artista o anche a un’esposizione museale o a un programma istituzionale pubblico. Bisogna far conoscere, divulgare, parlarne. E non importa parlarne necessariamente bene, basta parlarne. Il successo legato allo scandalo di recensioni negative è stato spesso ben cavalcato dagli interessati, che sono stati in più casi capaci di trasformarlo a proprio vantaggio.

Il critico d’arte è figura complessa e di grande attualità sulla quale occorrono più attente riflessioni e più mirati confronti. Non lo si può erroneamente ridurre a figura secondaria, di semplice e banale parolaio che riempie la paginetta, più o meno grande, di didascalia dell’ultimo artista che è in mostra.

Canio Franculli

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