“Non è certo agevole descrivere la situazione nella quale oggi si dibatte il pensiero dell’Abendland (Paese della sera): la sera di una civiltà moribonda, ma certamente la terraferma – non solo geologica e antropologica, ma etica ed estetica - sulla quale poggiavamo e progredivamo ancora alla metà del secolo scorso, si viene lentamente e inesorabilmente disgregando, forse inabissando nelle paludi in cui non regna più l’euritmia, l’armonia, la simmetria (…)”.
Quella carezzevole nostalgia, volendo in qualche misura incasellare il sentimento, che facendo abitare dentro di sé una contraddizione, guarda al passato e tende a un futuro di possibilità, “costringendo” l’anima ad alcuni balzi d’immaginazione.
“(…) L’immaginario, allora, dovrà essere sempre di più legato strettamente a delle situazioni che non possono essere quelle statiche, armoniche, simmetriche che costituivano il piedistallo per le creazioni e le fruizioni di epoche auree, ma dovrà invece abbracciare nuove costanti (anzi in-costanti) espressive: (…) dissimmetria, disarmonia, disritmia”. Non credo che le nuove espressioni artistiche – ma anche scientifiche ed etiche – debbano essere trasgressive o oppositive rispetto a quelle che ormai sembra assurdo definire “norme”; ma ritengo che un ampliamento del nostro panorama estetico e un recupero di qualità creative e interpretative possa avvenire, da un lato mediante l’ampliamento di strutture, sino a ieri, considerate irremovibili; e, dall’altro, con il ripristino di quella modalità di ascolto e creazione che si può identificare sotto la formula di “recupero dell’intervallo”.
Pescare nelle risorse in-attese, come in quelle caratterizzazioni che accadono, potrebbe significare ricalcolare un centro. Ma se è vero che in questa riflessione si tende al contrario, Dorfles suggerisce: “La ‘perdita della centralità’ si può, già con facile simbolismo, estendere alla perdita di ogni equilibrio, di ogni fondamento. (…) In una certa fase dell’evoluzione, tanto la natura quanto il pensiero commettono quell’infrazione alle regole, che fa prevalere l’irrazionale sulla ragione, l’assurdo sul coerente, il mitico sul logico. (…) La discontinuità, l’anisocromia del tempo, l’anisotropia dello spazio, vanno di pari passo con la discontinuità nella vita delle “forme”. Non è vero che da una forma determinata derivi, per logica metamorfosi, la forma successiva. (…) La vis creativa dell’uomo è continuamente preda di spettacolari salti e le opere che ne derivano ne sono lo specchio fedele”.
E se l’immagine ri-flessa in un ipotetico specchio, come da rimando precedente, testimonia fedelmente un presente che a pronunciarlo scompare, a un certo punto, è automatico compiere una scelta. E quindi si genera una frattura, non necessariamente però coincidente con una distruzione.
“Tutte quelle situazioni in cui si viene a verificare una rottura, un’incrinatura, delle previe condizioni di armonia, simmetria, euritmia, consonanza, portano con sé la necessità di una scelta e sono già, per questo, disarmoniche. (…) Sarà ovvio che ci possa essere un equilibrio (balance) anche in presenza di una asimmetria. (…) Occorre non confondere disarmonia con disordine, perché spesso è proprio una “scelta ordinata” a determinare una condizione di disarmonia e di asimmetria. Per dirla con Caglioti: la simmetria è “invarianza per effetto di trasformazioni”, mentre l’ordine “fornisce una misura delle correlazioni osservabili nella disposizione, nelle sequenze e nella dinamica dei moduli costitutivi delle strutture stesse”. La simmetria massima, infatti, si ha nello stato di equilibrio (il massimo di disordine entropico) di un sistema”.
Qual è, dunque, lo stato dell’arte (trasversalmente inteso!), oggi?
“È opportuno riconoscere che l’arte nei nostri giorni è sempre più lontana da quelle condizioni di armonia, euritmia, consonanza, del passato glorioso; quest’arte è coscientemente e istintivamente alla ricerca d’una rottura d’equilibrio che la conduca a prediligere l’asimmetria, la dissonanza e la disarmonia. (…) È logico ipotizzare (anzi constatare) come la preferenzialità si associ con l’asimmetria tra gli oggetti cui la preferenza è rivolta; per cui risulta evidente il coincidere del binomio disarmonia-programmazione con quello di asimmetria-preferenzialità”.
Ed è sorprendente, possibilistico e pieno di libertà d’intenti.
Virginia Cortese