Mar 29, 2024 Last Updated 9:23 AM, Dec 12, 2023

Il consenso delle note per un testo d’autore In evidenza

Pubblicato in Musicare
Letto 526 volte

Luciano Nardozza, il musicista lucano dallo stile ricercato e dall’impronta sociale riflessiva

Cosa hanno in comune il pop-rock di Luciano Nardozza, la musica elettronica, del rap e del prog con la psicologia individuale e collettiva, con le tecniche di “ingegneria sociale” e neuromarketing (studiate e documentate scientificamente sin dagli anni ‘50) che circondano l’individuo senza che questi, il più delle volte, se ne accorga? La risposta è nei testi di “Ciò che non devi sapere”, terzo album di Luciano dopo “Di Passaggio” e “Fuori Luogo”.

Incontriamo Luciano nel suo piccolo scrigno di musica e di abiti, molti dei quali realizzati personalmente, all’interno di una cascina nel cuore di Casalpusterlengo, la cittadina lombarda in cui Luciano vive e si dedica alla composizione della sua musica.

Luciano, “Ciò che non devi sapere” è un concept album in 14 capitoli che unisce la musica alle scienze psicologiche, sociali e della comunicazione. Un lavoro in cui si ha la percezione di un tuo distacco dai due precedenti album per affrontare temi di importante attualità. Come mai?

Ciao innazitutto ai lettori di Gocce d’Autore, sono felice di poter fare questa chiacchierata.

Dovete sapere che dopo i miei primi due album - incentrati sulle relazioni, sull’amore e sulla ricerca esistenziale - stavo lavorando a un terzo album sulla stessa scia. A un certo punto, però, qualcosa dentro di me e negli eventi al di fuori mi ha spinto a investigare la natura profonda della mente per capire cosa ci rende così influenzabili, cosa fa sì che “compriamo” certe idee, slogan, prodotti, partiti politici ecc.

La domanda mi ha portato ad argomenti come la manipolazione di massa, la comunicazione persuasiva e le armi della propaganda. Perché è così facile gestire le menti delle persone?

Un universo nuovo mi si è aperto, ho imbracciato la chitarra e mi sono infilato nella tana del Bianconiglio per vedere quanto fosse profonda...

Manipolazione delle folle attraverso la propaganda e l’utilizzo di strumenti di comunicazione di massa sono alcuni dei temi che affronti in questo nuovo album. Mi sembra si tratti di un percorso ricercato, voluto, studiato…

È proprio così. Infatti, avendo alle mie spalle diversi anni di studio di psicologia all’università mi sono re-immerso con passione nelle tecniche di ingegneria sociale e di neuromarketing. Quindi ho approfondito il pensiero e gli esperimenti scientifici di ricercatori come Solomon Asch, Robert Cialdini, Philip Zimbardo, Gustave Le Bon, Stanley Milgram e molti altri. Si tratta di tecniche e dinamiche conosciute e praticate da secoli, naturalmente con le modalità relative al periodo storico di riferimento. Un primo ministro vuole costruire consenso a ogni costo così come un faraone o un imperatore volevano creare una certa percezione nella massa che stava sotto di loro. Il principio è lo stesso, cambiano solo i mezzi.

Le fake news, ricordiamolo, provengono per la maggior parte da fonti istituzionali. Di solito servono a creare una certa premessa che poi giustifichi un comportamento “forte” di risposta. È ormai passato alla storia il caso della fiala contenente del presunto antrace, agitata da Colin Powell nel 2003 davanti al Consiglio di sicurezza delle nazioni Unite, perché all’epoca gli USA cercavano un motivo che autorizzasse l’invasione dell’Iraq. Dopo un mese, con la scusa di invadere un paese che veniva visto come produttore di armi di distruzione di massa, prese il via la seconda guerra del Golfo. Ma dopo molti anni fu lo stesso Colin Powell ad ammettere che quella fiala fu tutta una montatura per giustificare una delle numerose missioni degli USA per “esportare la democrazia”.

A proposito delle parole… “democrazia”, “missione di pace”, “scienza” ecc. vengono utilizzate spesso come una sorta di mantra per anestetizzare la parte razionale delle persone ed evocare un qualcosa di giusto a prescindere, che non ha bisogno di un pubblico dibattito.

“È così, punto”, ci dicono.

Tornando alle fake news “governative”, risalgono a tempi immemori. Si hanno notizie della prima della storia, risalente al faraone Ramses II. Nel 1280 a.C. era a capo dell’esercito che combatteva contro gli Ittiti. Lo scontro si risolse con una specie di codarda contrattazione tra le due parti mentre invece il faraone voleva passare alla storia come il più grande condottiero. Allora tramandò ai posteri, grazie ai bassorilievi collocati nei principali templi, che quella fu la più straordinaria vittoria degli Egizi. Un esempio clamoroso di riscrittura dei fatti a vantaggio di chi detiene i mezzi di comunicazione.

Questa circolazione delle fake news aumenta naturalmente durante le guerre, dove ognuna delle parti vuole creare il consenso per giustificare la propria violenza.

Le notizie inventate servono a mettere in moto (“spin”) le giuste emozioni per indignare e aizzare l’opinione pubblica contro un presunto cattivo, un nemico che è la causa di ogni male. Oggi la situazione non è cambiata, perché il popolo deve essere sempre condotto dalla parte del potere, visto che una certa massa critica convalida la sua autorità.

Importantissime in questo senso sono le figure degli spin doctor, specialisti della comunicazione persuasiva e della propaganda. Inizialmente lo spin doctor serviva per gestire e vincere le campagne elettorali, da dietro le quinte, con slogan altisonanti, campagne di grande impatto, discorsi commoventi, promesse credibili ecc. Tutto era permesso.

Poi, una volta vinte le elezioni, invece di andare via, lo spin doctor è rimasto a palazzo e si è occupato anche della comunicazione istituzionale, trattandola spesso come un’arma di propaganda.

Nel mio album dedico una canzone, dal titolo “Orchestrazione”, al più celebre degli spin doctor, colui che ha creato il mestiere delle public relations nei primi decenni del Novecento. Il suo nome è Edward Bernays (1891-1995).

La colazione “uova e pancetta” dell’americano medio è dovuta a lui, non si tratta per nulla di una antica tradizione. Fu una strategia pubblicitaria commissionata da una ditta produttrice di bacon che non vendeva abbastanza. La gente, grazie alla connivenza di certa “scienza”, ci cascò irrimediabilmente, convinta di fare un passo verso uno stile di vita migliore.

E se il fumo a un certo punto divenne simbolo dell’emancipazione femminile fu grazie a una campagna pubblicitaria commissionata al nostro Bernays da parte dell’American Tobacco Company. Questa voleva raddoppiare le vendite perché principalmente le sigarette erano fruite dai soli uomini mentre gli azionisti volevano includere anche le donne nel loro bacino d'utenza.

Fu quindi pianificato uno spot pubblicitario senza precedenti: durante una celebre parata del 1928, Bernays fece sfilare quelle che aveva battezzato le “torce della libertà”. Si trattò di una specie di flash mob ante litteram in cui - “scandalosamente” - alcune donne, al segnale concordato, si misero a fumare davanti a tutti, veicolando l’idea che quello fosse il modo per emanciparsi. Fu un successo. L’industria del tabacco trovò così la sua miniera d’oro mentre le donne fumavano convinte di avere tra le dita uno strumento di liberazione e di riscatto.

Un’ultima riflessione: Edward Bernays è una delle persone che più ha influenzato la vita delle persone nel secolo scorso (Hitler e Goebbels presero spunto da lui), eppure il suo nome è sconosciuto ai più. Questo è l’ennesimo colpo da maestro dello spin doctor, il quale opera meglio proprio laddove riesce a restare nell’ombra. Non lo troverete mai nei libri di storia.

musicale 2

In uno dei brani, “Unanimità”, fai riferimento al disagio che viviamo quando non veniamo accettati all’interno di un gruppo. Un tema importante, ancor di più per quei tanti giovani che vengono isolati e che vivono alla ricerca perenne del consenso…

Viviamo in una società molto facile da gestire. Per far compiere qualcosa alle persone viene utilizzato un principio elementare ed efficacissimo, ovvero quello dell’unanimità.

“Due persone su tre” hanno già fatto questa scelta, quindi falla anche tu”. Oppure, “tutti sanno che questa cosa è giusta, quindi non ci pensare, non riflettere troppo, non contestare”.

Basta convincere il primo, il più manipolabile e poi dire al secondo che la nuova tendenza è quella. Gli altri seguiranno a ruota. La gente preferisce aderire alla visione del branco, anche se palesemente errata, piuttosto che affermare qualcosa che sa di essere vero ma che potrebbe portarlo a venire isolato.

Naturalmente una piccola percentuale di esseri più indipendenti mentalmente non comprerà questa visione dei fatti e, nel migliore dei casi, verrà fatta sentire sbagliata e sarà emarginata. Ricordiamo che l’isolamento sociale per l’uomo è la più atroce delle punizioni.

Gli esperimenti al riguardo (Zimbardo, Asch, Milgram ecc), che dimostrano come la mente dell’essere umano sia portata a una mentalità da gregge e a sottomettersi all’autorità a qualsiasi costo, sono a dir poco inquietanti.

Ascoltando questo tuo ultimo lavoro si percepisce una sorta di “ribellione” nelle note della tua musica che, mi sembra, accolga diversi stili…

La parola ribellione è quantomai azzeccata. La musica, tra gli altri scopi ha quello di mostrare certe dinamiche, indurre a un pensiero riflessivo, una visione diversa delle cose.

Per questo disco ho quindi sfumato le linee di separazione tra gli stili perché ho pensato ad essi come a una cassetta degli attrezzi.

Il rap, per esempio è un cacciavite appuntito con cui puoi andare a fondo in modo diretto, efficace e coinvolgente. Fa uso spesso di una sana rabbia. Poi ci sono il metal e il prog (il brano “Silenzia", per esempio) con la loro massa sonora e i tempi dispari a creare una certa tensione. Il pop rende il tutto più facilmente fruibile mentre il rock gli dà sostanza, una certa pasta, e rappresenta per me la rotta principale. L’elettronica mi ha aiutato a dare al disco un tocco moderno e allo stesso tempo più universale, astratto.

Inoltre, ho fatto molta attenzione alle parole. Ognuna di esse è pesata e spesso veicola un doppio significato. C’e una strofa del brano “Esagera”, per esempio, che incorporando un certo schema linguistico, a livello verbale dice una cosa mentre a livello inconscio te ne fa percepire un’altra. L’album è pieno di queste cose, perché ho voluto dimostrare in modo concreto che la comunicazione non si dipana mai su un solo livello. Basti pensare a quando una persona ti risponde “sì, certo” ma con il corpo o il tono della voce è come se ti dicesse “mai e poi mai”.

L’album è scritto su sette livelli e ogni ascoltatore può cogliere ciò di cui più ha bisogno in un dato momento. Per esempio, puoi ascoltarlo anche senza capire il testo (quindi anche uno che non parla italiano o non vuole fare uno forzo di comprensione) e, nonostante ciò, puoi ricevere una scarica di energia. Questo è il primo livello. Gli altri sei sono da scoprire.

Nel finale del disco, dove offro “L’antidoto” alle tecniche di manipolazione, ho usato anche delle onde binaurali Theta per far rilassare i pensieri e condurre l’ascoltatore verso una dimensione più espansa… proprio perché il rimedio al “male” risiede nella connessione con la nostra essenza profonda, con chi siamo veramente.

musicale 3

Luciano, in un contesto come quello descritto, qual è l’importanza di una musica che analizza i temi dell’attualità?

La musica può fare molto, ha un potere immenso. Una canzone può trasferire dentro di te il senso di qualcosa difficile da comprendere, per esempio.

Se però da un lato mi sono lanciato in un disco che possiamo definire di attualità, dall’altro credo che l’importanza della musica risieda di più nella sua universalità. Non a caso ho concluso il mio disco con la sensazione di lasciare la terra quasi a immaginare di poter iniziare un viaggio oltre di essa. Perché penso che la natura dell’essere umano, la sua forza, risiede nell’andare al di là delle apparenze, del visibile.

Dentro di noi vive un’essenza che non ha tempo e non ha spazio e, mentre può essere utile fare una musica che abbia un tempo e uno spazio, che punti all’attualità, dobbiamo ricordarci che c’è dell’altro, che non è tutto qui. Altrimenti si rischia di diventare aridi, arrabbiati e frustrati, proprio perché intorno a noi le cose non sembrano proprio andare per il verso giusto.

La musica, al pari dell’arte, della fotografia, della poesia, arriva al cuore di ogni persona in modo e con tempi diversi. Qual è il modo di Luciano Nardozza?

Non so esattamente dirti il modo in cui la mia musica arrivi all’ascoltatore, però posso raccontarti il mio modo di concepirla. Sono convinto che la parte musicale, le armonie, gli arrangiamenti, il ritmo, debbano avere un grande impatto, essere molto coinvolgenti.

Le parole, invece, mi piace pensarle come a qualcosa che non devi capire subito, non tutte almeno. È per questo che a volte mi permetto di usare termini e concetti un po’ complicati, perché sono fiducioso che la parte musicale trasporterà tutto in modo molto semplice nel cuore dell’ascoltatore.

Se ti piace la parte musicale, se canticchi la melodia, poi presterai attenzione a qualche parola e andrai a cercare magari di cosa si tratta. Così magari cantando tra te e te un ritornello “tormentone” come quello di “Overton”, scoprirai che parla di una teoria sociologica davvero molto particolare. La musica, come una specie di benevolo cavallo di Troia, avrà depositato dentro di te, senza sforzo, il seme di qualcosa di nuovo.

Facciamo una sana “propaganda”: cosa ci dobbiamo aspettare dal Luciano dei prossimi mesi?

Al momento sono molto concentrato sulla scrittura del mio prossimo album. Il tema sarà abbastanza inedito per essere un disco di musica “leggera”. Faremo un viaggio negli spazi interstellari... e allo stesso tempo nel cuore dell’essere che abita il pianeta terra.

“...Ciò che non devi sapere è come un fiume sotterraneo che non sai dove va a finire certo è vietato vedere nella tua mente il raggio astrale che ti sottrae dall’imbrunire…”

Domenico Ciancio

www.lucionardozza.it

Domenico Ciancio

Un incompreso lucano, italiano, europeo. Della mia passione, la comunicazione, ne provo a fare il mio mestiere. Con i proventi della mia prima passione alimento le mie tante altre passioni: viaggiare, leggere, ascoltare musica, golf, formula 1, mangiare e sorridere con le persone che amo e che incontro nella mia vita.

Commenti