Jun 05, 2023 Last Updated 6:32 AM, May 26, 2023

Ri-conoscersi ed essere ri-conosciuti può generare il consenso all’esistenza? In evidenza

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Una domanda squisitamente ontologica. Che fluisce da un ragionamento che ha a che fare con alcune altre categorie: l'individuo, la comunità, la storia, la percezione dell'altro da sé.

Martin Buber, uno dei maggiori studiosi di Hasidismo, inteso come mezzo di rinascita del Giudaismo, attraverso un processo di origine dell'essere umano a Dio e al mondo, per via di un nuovo umanisimo, nel suo “Il cammino dell'uomo” ( Einaudi) con prefazione di Enzo Bianchi, propone un interrogativo di senso, collegato all'Uomo. Il “dove sei”?, declinato nella accezione del “ri-conoscimento”.

 

La domanda successiva potrebbe essere: se mi ri-conosco e se vengo ri-conosciuto, posso collocarmi in una coordinata geografica (ma anche dell'anima!) e ottenere una qualche forma di consenso ? A tale quesito abbiamo tentato di rispondere seguendo la traccia che abita il saggio di Buber e accogliendo una voce, giovane e al contempo autorevole, quella del politologo potentino, Federico Mussuto, che è anche titolare di un tirocinio storico-politico in Quirinale, analista per l'Agenzia Spaziale, nel Dipartimento Affari Istituzionali, e allievo della Scuola Limes.

La decisiva presa di coscienza di sé è l'inizio del cammino della vita dell'essere umano, il sempre nuovo inizio del cammino umano ” - suggerisce il filosofo Buber e continua, nell'osservazione di ciò che è stato un transito nel tempo: “ Dobbiamo rispettare il passato, imparare da esso ma non imitarlo. Quanto di grande e di santo è stato fatto, assumiamo per noi, valore di esempio ”. E concludo nella disamina: “ A venire considerati, devono essere proprio tutti i singoli fattori, non nella loro singolarità, quanto nella loro connessione vitale. L'essere umano non viene trattato come un oggetto di analisi, ma è chiamato a rimettersi in ordine ”.

Conoscenza e successiva collocazione autorizzano il consenso? Partiamo con il chiedere che cosa sia .

Ha spiegato Mussuto: «Si tratta dell’azione di riconoscimento, nello spazio e nell’arena sociale (democratica, oligarchica o totalitaria). Il ricavarsi un ruolo sociale, se vogliamo. Lo scopo è uguale in qualsiasi società, oltre che nella storia; cambiano le modalità, che riguardano le repubbliche, le monarchie, le aristocrazie e i regimi totalitari. Non è solo del singolo ma anche delle organizzazioni e dei gruppi. Si sviluppa a partire dalla dialettica, dalle idee, con le relative opposizioni se si tratta di democrazie; da un partito unico o da una ideologia dominante, nel caso di totalitarismi, che sfocia in quella forza bruta tipica e si concretizza per il tramite di un certo tipo di propaganda».

Federico Mussuto

Federico Mussuto, politologo

Come lo si ottiene?

«Il consenso si ottiene (a meno di espedienti caratterizzati da scandali giornalistici e giuridici, come nei tipici sistemi politici e sociali, di cui la storia ha registrato la cronaca) con un portato di valori e di principi».

Come è cambiato il processo che porta al consenso nella storia? Si è adeguato al percorso del tempo oppure si può ritenere figlio di “corsi e ricorsi”?

«Quoto la visione vichiana. Cambia, come detto, la modalità dell’uomo che fa consenso. Quintiliano nella sua “Institutio oratoria”, descrive, sotto il profilo pedagogico, il comportamento di persone che militano nelle arene sociali. Si consideri, altresì, che nello scambio politico, proprio lo scontro tra fazioni ha determinato i primi bipolarismi (da quello greco-romano a quello tra mondo islamico e occidente, che è ben più attuale). È la comunicazione a fare la differenza. Come si realizza, quindi, il consenso?

Tramite una comunicazione (ancora una volta, con valenza duale) che esalta una figura o che la diminuisce, proprio in questi termini di (dis)approvazione. È il ruolo delle immagini (nell’aspetto sensoriale) a determinarne le caratteristiche. Dell’azione umana resta impressa l’immagine: come si pone un soggetto, come si veste, che tipo di atteggiamento abbia.

Anna Caffarena, docente di relazioni internazionali nell’Università di Torino, e autrice del libro “La trappola di Tucidide e altre immagini. Perché la politica internazionale sembra non cambiare mai”, da politologa sottolinea il conflitto sino-americano, che ha le stesse caratteristiche di quello tra Sparta e Atene, tra Roma e l’Egitto, magari. In copertina, riporta uno scatto della visita dell’ex presidente americano, Trump; quest’ultimo, ed è cronaca, in dialogo con il leader cinese, ha riconosciuto i fasti di una delle civiltà più antiche del mondo, celebrate nell’iconico esercito di terracotta (un insieme di statue, collocato nel mausoleo del primo imperatore Qin, ndr). L’imperatore che lo volle nella propria tomba altro non ha fatto che costruire del consenso. Con quale intento? Agendo materialmente nella sua vita terrena, ma portandosi alla celebrazione in eterno e costruendo, di conseguenza, una forma di religione. Agire politico, con una figura monoteistica, porta a un agire religioso».

Comunicare significa manifestare il proprio (e unico) criterio identitario e, finalmente, ottenere il riconoscimento.

 «Gli uomini per riconoscersi devono proporre ideologie. Augusto in epoca romana ha “inventato” il Ferragosto, per celebrare il suo mandato, in quel processo di divinizzazione che non è solo un fenomeno storico, ma concreto a livello di ricaduta comunitaria. Il consenso prima che politico è basato su valori e prospettive, a partire da un singolo, che magari viene sostenuto. Marx ha scritto il Manifesto del Comunismo nel 1848, ma non ebbe un seguito nel suo luogo di origine, bensì in Germania e in Russia. Il socialismo ha avuto origine in posti in cui si sono verificati i principali cambiamenti religiosi. Si capisce come vi sia una ciclicità di eventi».

Come si potrebbe profilare il consenso in futuro?

«Vedo il consenso come civico e strutturale.

Quello civico è decantato dalle istituzioni: attenzione ecologica, ambientale e ai diritti civili.

Quello strutturale, è su ciò che non c’è e si può creare. Non ha una positività immediata, va costruita con l’ausilio delle nuove generazioni. Penso, in primis, al primo principio sacrosanto per la nostra Costituzione, vale a dire il lavoro. In un momento di precarietà e liquidità totale, come quello attuale e considerate le 17 strike dell’Agenda Onu, direi che manca il Lavoro, tra i valori in cui l’uomo si è sempre riconosciuto. Il lavoro ha a che fare con la dimensione etico-morale e interroga i diritti sociali, come la dignità, per l’appunto, all’interno delle “nuove” rivoluzioni industriali, che sono la casa del “consenso” umano. Si rimette al centro la Persona, per costruire il benessere della Comunità».

Virginia Cortese

 

Virginia Cortese

Giornalista pubblicista

Appassionata e onnivora lettrice

Considero i libri come finestre sulla vita, da aprire costantemente per imparare come comportarsi sulle strade del mondo.

I miei libri guida sono La Nausea di Sartre, Amore Liquido di Bauman e Il Libro del riso e dell’oblio di Kundera.

Mi piace contemplare e vivere il Bello, perché sono convinta che sia davvero l’antidoto al male. Adoro l’arte, la corrente espressionistica è senza dubbio quella che mi rappresenta in modo totale, il mio quadro del cuore è Notte Stellata sul Rodano di Van Gogh.

Una visione romantica e di prospettiva sulle cose non può esulare dal ri-conoscersi in un’opera lirica, la mia è La Bohème di Puccini.

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