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Potere e Comunità: il centro dell’interesse dell’uomo è l’uomo

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Le giornate che si susseguono siglano una struttura (logica e di pensiero) di attraversamento, che non può escludere in certe prospettive di visione, concetti imprescindibili, quali la comunità e il potere. Dimensioni senza dubbio coniugabili trasversalmente e che interrogano diverse altre sfere congiunte. Dalla democrazia, alla speranza, dalla responsabilità, all’esercizio della libertà, dalla identità individuale e fino a quella collettiva, comunitaria.

Capita, dunque, di imbattersi in uno scritto del 1927 che per ragioni storiche (e nell’avviso di chi scrive, dipendenti non tanto dalla casualità ma dalla causalità!) è stato ripubblicato nel 1946 e, infine, nel 1971, illuminante (e non solo perché di natura squisitamente illuminista!) dal titolo “Potere e Comunità” a firma di John Dewey, filosofo, scrittore, professore universitario e pedagogista statunitense, che ha determinato una profonda influenza sul costume politico e sui sistemi educativi, politici, sociali e sulle principali questioni etiche del proprio paese. “Lo Stato è un mito - si legge in uno stralcio della pubblicazione - ed è uno dei fattori essenziali della vita associata, in quanto si configura come organizzazione capace di rispondere alle esigenze di individui che costituiscono un pubblico”.

Ma dove collochiamo, effettivamente, il pubblico? E soprattutto come lo definiamo? È ancora Dewey a giungerci in soccorso: “Il pubblico consiste in tutte quelle persone sulle quali le conseguenze indirette delle transazioni esercitano un’influenza così notevole, da far loro sentire la necessità di avere chi si occupa sistematicamente di queste conseguenze (nella protezione degli interessi comuni dei membri delle comunità, ndr)”. Ma è l’istinto alla riunione, a incuriosire l’indagine: “L’uomo non solo si associa de facto, ma diventa un animale sociale, quando va formando le sue idee, i suoi sentimenti e la condotta che delibera di tenere”. E ancora: “Le persone singole sono il punto focale dell'azione, mentale e morale, nonché esterna. Esse sono soggette a ogni specie di influenza sociale, che determina ciò che possono pensare, progettare e scegliere. Le correnti contrastanti della influenza sociale giungono a un unico sbocco conclusivo solo nella coscienza nell'azione dell'individuo”.

Per dirla con Bauman: “Colmare la distanza, e ancora meglio, non permettere alla prossimità di dissolversi in una distanza, è una dura battaglia, la prova senza fine dell’Io morale. Il “volto” è l’alterità dell’Altro e la morale è la responsabilità di tale alterità. E quest’ultima si nutre di differenza”. Ma se all’essere “per” contrapponiamo l’essere “con”, viene implicitamente sollecitata la riflessione sul potere. Così Dewey: “Il problema di un pubblico democraticamente organizzato è principalmente ed essenzialmente intellettuale (…) Alla nuova era, insomma, non mancano solo degni organi politici – a essa manca, in particolare, un'Idea nuova della cultura che sia capace di favorire negli individui una consapevolezza più matura e più critica. C'è un gran rifiuto che caratterizza il mondo moderno, ed è l'ostinazione a non voler considerare la cultura come un intero sistema di vita e a non voler riconoscere che il centro e l'interesse dell'uomo è l'uomo stesso. Una risonanza intellettualistica di quest'ostinazione è il luogo comune di un umanesimo minacciato dalla scienza e dalla tecnica quando sarebbe invece, da dirsi il contrario. Se l'era della tecnica - recita la conclusione di Potere e Comunità - potrà offrire all'umanità una base ferma e generale di sicurezza, essa sarà assorbita in un'era umana che prenderà il suo posto come strumento di un'esperienza condivisa e comunicata. Ma, senza passare attraverso un'era delle macchine, il dominio da parte degli uomini su ciò che è necessario come condizione pregiudiziale per avere una vita libera, flessibile variata, sarà così precario e parziale che si perpetuerà in una serie di rivalità aggrovigliate per il possesso (e non proprio indirettamente per l’applicazione del potere) e per il suo impiego a scopo di sfoggio”.

Una straordinaria capacità predittiva che genera una ultima domanda di senso: non sarà mica che in questa proiezione di comunità e potere, abiti proprio il destino della democrazia?

Virginia Cortese

Virginia Cortese

Giornalista pubblicista

Appassionata e onnivora lettrice

Considero i libri come finestre sulla vita, da aprire costantemente per imparare come comportarsi sulle strade del mondo.

I miei libri guida sono La Nausea di Sartre, Amore Liquido di Bauman e Il Libro del riso e dell’oblio di Kundera.

Mi piace contemplare e vivere il Bello, perché sono convinta che sia davvero l’antidoto al male. Adoro l’arte, la corrente espressionistica è senza dubbio quella che mi rappresenta in modo totale, il mio quadro del cuore è Notte Stellata sul Rodano di Van Gogh.

Una visione romantica e di prospettiva sulle cose non può esulare dal ri-conoscersi in un’opera lirica, la mia è La Bohème di Puccini.

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