Apr 24, 2024 Last Updated 9:23 AM, Dec 12, 2023
Virginia Cortese

Virginia Cortese

Giornalista pubblicista

Appassionata e onnivora lettrice

Considero i libri come finestre sulla vita, da aprire costantemente per imparare come comportarsi sulle strade del mondo.

I miei libri guida sono La Nausea di Sartre, Amore Liquido di Bauman e Il Libro del riso e dell’oblio di Kundera.

Mi piace contemplare e vivere il Bello, perché sono convinta che sia davvero l’antidoto al male. Adoro l’arte, la corrente espressionistica è senza dubbio quella che mi rappresenta in modo totale, il mio quadro del cuore è Notte Stellata sul Rodano di Van Gogh.

Una visione romantica e di prospettiva sulle cose non può esulare dal ri-conoscersi in un’opera lirica, la mia è La Bohème di Puccini.

pino daniele

Elemento vitale. Credenziale assoluta.

Categoria del cuore e non già della razionalità.

Il quadro dipinto da Pino Daniele nella sua straordinaria “Chi tene ‘o mare” è un tuffo nell’esistenza.

Nella lotta tra consapevolezza e ingenuità, nell’abbraccio tra ciò che si conosce e ciò che appare, nel confronto tra il silenzio e l’angosciante abbaglio di frammenti di poesia: l’uomo con la sua storia e con la sua forza.

Una debolezza che non isola, un calore che non marchia il tempo, una gioia che non sollazza lo spirito, una melodia che culla e aliena.

L’illusione del tutto e il riscontro del nulla.

La traccia sottesa delle cose.

La domanda che risale e la risposta che tarda ad arrivare.

Tra orgoglio e abbandono, nella luce ventosa del pomeriggio, la spiaggia dei passi già battuti.

Una finestra di cartoline di vissuto.

Un pieno e un vuoto. Come la morte e la vita.

Ha un sapore che proietta la memoria.

Un taglio di precisione, una freccia che non può errare la sua direzione.

Somiglia a se stesso e cerca quel volto che lo specchio gli restituisce.

Un’immagine che sussiste. Esattamente perché vive.

Buon ascolto

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Virginia Cortese

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ascoltare lucioDalla

Tra le più intense mai disegnate. È un gioco d’abbracci, Cara di Lucio Dalla.

Abita un universo e ne contiene uno altrettanto magico nella sua realtà.

C’è il gioco delle parti. Un biunivoco sguardo sui visi.

C’è la nostalgia dei profumi.

C’è la luna che illumina una povera finestra sui ricordi.

C’è il dolore dell’assenza. Il riconoscimento della menzogna. Il rimpianto di un incontro che è avvenuto. Perché il destino è così: ascolta le voci del cuore e agisce di conseguenza.

C’è la leggerezza della pelle, il fluire estetico dei capelli, la madre che conta le stelle.

C’è la morte. Che non è fine ma spettro di comprensione.

Le lacrime e le mani. Come l’uomo e la donna, con uguale impatto. Forte se il soffio vitale si abbandona in modo totale, per poi tornare indietro e senza difesa. Ma è questione di scelta. E pure si è archiviato il vissuto.

Il desiderio di volare, lontano, non è un capriccio. Un’opposizione lenta e debole. Un riflesso, ma non una cartolina vivida. Per questo, inefficace.

Il tempo è inesorabile, nella sua relatività. Procede, negli affanni e nei sorrisi, dopotutto non è un male. Fissa le età e le differenze, ma non affossa.

Il dialogo è consapevole e trascina le parole, solo così i gesti non hanno senso. L’unica importanza la si riserva ai passi.

Non importa il numero di questi, ma come si presentano sulle strade illuminate dal cielo che si è fatto sereno.

Nel punto più illuminato, si volta pagina.

Che vuol dire?

Se pur limitato è amore. L’amore è assenza di morte … quando regala la vita, si può solo esserne grati.

Come lo si è al compianto Lucio Dalla che ha regalato all’umanità un capolavoro immortale.

Come l’Amore.

Buon Ascolto.

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Virginia Cortese

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ascoltare concerto fabrizio Bosso

Un sodalizio artistico davvero intenso. Un quadro su un volto notturno, animato e sensuale.
Il trio “Scasciamacchia” (Alfonso Deidda, piano, Aldo Vigorito, doublebass, Giò Scasciamacchia, drums) ha ospitato lo scorso 18 febbraio, presso il teatro Piccolo Principe di Potenza, il famoso trombettista torinese, Fabrizio Bosso.


Una serata, all’insegna di atmosfere antiche di gusto moderno, quella proposta a un pubblico numeroso che ha visualizzato l’abbraccio sonoro di sensi.
La fusione totale tra i ritmi ha donato il gusto piacevolissimo di una pietanza condivisa con gli amici di sempre.
Una finestra aperta sui sound latini e su quelli romantici, battuti tanto nelle strade multietniche, quanto nei vicoli di piccole città di mare. Una performance accattivante e mai piatta, così slow allo zenit del romanticismo e così swing nel viaggio frizzante delle idee messe in scena.


Esecuzioni magistrali, virtuosismi fluidi, nella rappresentazione altissima di brani inediti (tratti dall’album Hope) e di classici, riletti e riproposti, come Misty (splendida ballad, uno standard della musica jazz, scritto dal pianista Erroll Garner) e Flinstones.


I quattro artisti hanno offerto uno spettacolo che potremmo definire di teatro a tutto tondo: sguardi d’intesa, comunicazioni silenziose e gesti corali. Magistrale, non c’è che dire.
A chi scrive, è parso che Bosso riuscisse a realizzare con la sua tromba, dipinti e figure, circostanze e attimi, a siglare la colonna sonora dei passi in un’ideale visita in un vernissage.
Una formazione d’eccezione, infine, che ha reso l’effetto di un’orchestra intera!
Commistione d’intenti che definiremmo magica.


Il risultato non è passato inosservato e ha coinvolto anche i giovani presenti, che hanno particolarmente apprezzato un genere, comunemente considerato di nicchia.
Chapeau! Bravo! Bis!


Virginia Cortese

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scrivere Il postinoLa storia che vi proponiamo questa volta è ricca di immagini, di colori, di profumi.

Leggere Il Postino di Neruda è un’esperienza sensoriale a tutto titolo.

Motivo ispiratore di uno dei film più belli mai prodotti (tra i protagonisti il compianto Massimo Troisi), e carezzato da una colonna sonora struggente e magica (firmata Luis Bacalov e Sergio Endrigo), il testo è la più vivida cartolina della parabola d’amore e d’amicizia, di logica e di istinto, di passaggi obbligati e scelte dettate unicamente dal cuore.

Siamo nel giugno del1969, nel piccolo villaggio diIsla Negra.

Mario Jiménez, figlio di un pescatore, rifugge il suo destino già segnato e accetta una proposta di lavoro come postino locale, sebbene sia sottopagato. Ha un’unica persona a cui consegnare la posta: il famoso poetaPablo Neruda; quello che ha sempre considerato come un maestro.

Non entreranno subito in empatia, ma la loro diverrà col tempo un’amicizia sincera, tanto che Neruda insegnerà al ragazzo l'arte poetica, attraverso l’utilizzo della “metafora”.

Mario incontra Beatriz Gonzàlez, della quale s’innamorerà follemente e che poco dopo gli darà un figlio, Pablo Neftalì Jiménez Gonzàlez. Neruda, intanto, verrà candidato alla presidenza per ilPartito Comunista del Cile (ruolo tributato aSalvador Allende) e partirà per ricoprire la carica di ambasciatore in Francia.scrivere Il postino 1

All’annuncio dell’assegnazione del Premio Nobel per la letteratura all’amato amico poeta, Mario coinvolgerà l’intero villaggio in una grande festa.

La rivista La Quinta Rueda organizza un concorso e Mario decide di inviare quella che ritiene la sua migliore composizione, nonostante non sia riuscito a confrontarsi con il suo maestro. Il Golpe cileno da parte delle forze oppositrici raggiunge Isla Negra; Mario richiede e ottiene nuovamente il lavoro di postino per rivedere l'amico Neruda. Avrà una spiacevole sorpresa: lo troverà sul letto di morte. Il concorso sarà vinto da un certo Jorge Tellier. L’epilogo è laconico: l’autore saluta tutti bevendo una tazza di caffè. Amaro.

Virginia Cortese

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Irriverente. Frizzante. Determinato.

Scrivere colazione da tiffanyNato nella patria del jazz, un omosessuale dichiarato, in un’America di lustrini e jet set, Truman Capote, con il suo Colazione da Tiffany ha dato vita a un vero e proprio status quo.

La Holly Golightly svampita e trasognante; fintamente maliziosa e pasticciona cattura, non già per la leggera architettura del suo sguardo femminile, quanto per la cognizione dell’altro.

Una lectio sociale, sebbene si presenti sotto la forma più nostalgica di una storia d’amore, con tanto di colonna sonora, ripensamenti e capricci.

Fino a coronare il sogno nel grande ritorno. Nell’accettazione più vera e fragile.

Maschi e femmine a confronto, il gioco della passione per le arti, il lusso, lo stile, il bianco&nero che rapisce e il tempio onirico della certezza.

Nulla succede da Tiffany, il garbo nell’accoglienza e la spropositata offerta di ori e argenti sono una vera carezza sul cuore.

E poi ci sono le Avenue, gli uomini cercati per trarre ricchezza, i fratelli reclutati dall’esercito, i mariti abbandonati, quelli che abbandonano e gli scrittori di talento.

C’è una giornata trascorsa a fare ciò che si è sempre desiderato fare ma che la convenzione ha impedito, c’è il sovvertimento del perbenismo borghese, c’è il coinvolgimento in una “storiaccia” di droga.

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Ma vige soprattutto il gesto generoso, la scelta morale e niente affatto moralista, una insofferenza alla convenienza che sfocia nella ricerca e in un quadro fotografico affascinante, magnetico, perfettamente equilibrato.

E che ha siglato una delle pagine più belle della letteratura e in seguito della filmografia moderna.

 

Virginia Cortese

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