Giornalista pubblicista
Appassionata e onnivora lettrice
Considero i libri come finestre sulla vita, da aprire costantemente per imparare come comportarsi sulle strade del mondo.
I miei libri guida sono La Nausea di Sartre, Amore Liquido di Bauman e Il Libro del riso e dell’oblio di Kundera.
Mi piace contemplare e vivere il Bello, perché sono convinta che sia davvero l’antidoto al male. Adoro l’arte, la corrente espressionistica è senza dubbio quella che mi rappresenta in modo totale, il mio quadro del cuore è Notte Stellata sul Rodano di Van Gogh.
Una visione romantica e di prospettiva sulle cose non può esulare dal ri-conoscersi in un’opera lirica, la mia è La Bohème di Puccini.
Una domanda che fa il paio con quelle di senso che riguardano il peso dell’anima come quello del corpo.
Delle risposte efficaci, chi scrive, le ha trovate nel testo “La via della leggerezza. Per perdere peso nel corpo e nell’anima” (Mondadori), un testo che rappresenta un manuale, una indicazione, una precisa (e trasversale) fotografia del concetto di leggerezza.
Ha certamente una dimensione olistica.
È la stessa scissione tra sillabe a lasciarlo intendere.
A rendere il concetto, per così dire, circolare.
Parliamo di Benessere.
il viaggio dello psichiatra Vittorino Andreoli nella sua Lettera a un adolescente
Cosa succede quando un simbolo del passato e un simbolo della gioventù si mettono in dialogo?
Ciò che è sintetizzato, magistralmente, nella lettera che lo psichiatra di fama mondiale, Vittorino Andreoli, (pubblicata da Bur. Rizzoli) ha dedicato agli adolescenti.
Un viaggio interessante all’interno dei grandi temi e delle sfide che un giovane si trova a vivere e ad affrontare; un dialogo sempre franco, che non ha pretese di assolutismo, ma che è anche una occasione di reciproca crescita e di scambio generazionale.
...originaria non è la relazione anima e corpo, ma la relazione corpo-mondo. (…) Questa intenzionalità del corpo umano, questa sua originaria apertura al mondo, questo suo es-porsi e attendere dal mondo indicazione per sé, è attestato innanzitutto dalla struttura anatomica. Noi siamo eretti non per la meccanica dello scheletro o per la regolazione nervosa del tono (queste sono piuttosto conseguenze, non cause), ma perché siamo impegnati in un mondo; come questo impegno viene meno, il corpo si abbandona, quotidianamente nel sonno, e alla fine nella morte, dove diviene oggetto puro, cosa tra le cose, immobilità non gesto, silenzio non parola. La sua trascendenza non è come quella della ragione scientifica, ma è nel suo essere destinato a un mondo che non abbraccia né possiede, ma verso cui non cessa di dirigersi e di progettarsi”.
Sono davvero numerose le primavere che abitano nella ultima pubblicazione della scrittrice cilena Isabel Allende (Feltrinelli editori), dal titolo “Donne dell’anima mia”. Una ricostruzione ironica, leggera ma sempre vera di un percorso di esistenze, quella della bambina, della ragazza, della donna, che ha codificato nel proprio Dna, un femminismo così sfacciato da risultare un inno gioioso alla libertà. E contestualmente alla bellezza.
Ma c’è anche un universo di uomini e di donne, in questa storia di cambiamento, nella quale si inverte ostinatamente un dominio machista e patriarcale in una ratio femminile, che esalta la visione delle donne, e delle donne dell’anima.