Giornalista pubblicista
Appassionata e onnivora lettrice
Considero i libri come finestre sulla vita, da aprire costantemente per imparare come comportarsi sulle strade del mondo.
I miei libri guida sono La Nausea di Sartre, Amore Liquido di Bauman e Il Libro del riso e dell’oblio di Kundera.
Mi piace contemplare e vivere il Bello, perché sono convinta che sia davvero l’antidoto al male. Adoro l’arte, la corrente espressionistica è senza dubbio quella che mi rappresenta in modo totale, il mio quadro del cuore è Notte Stellata sul Rodano di Van Gogh.
Una visione romantica e di prospettiva sulle cose non può esulare dal ri-conoscersi in un’opera lirica, la mia è La Bohème di Puccini.
Una domanda squisitamente ontologica. Che fluisce da un ragionamento che ha a che fare con alcune altre categorie: l'individuo, la comunità, la storia, la percezione dell'altro da sé.
Martin Buber, uno dei maggiori studiosi di Hasidismo, inteso come mezzo di rinascita del Giudaismo, attraverso un processo di origine dell'essere umano a Dio e al mondo, per via di un nuovo umanisimo, nel suo “Il cammino dell'uomo” ( Einaudi) con prefazione di Enzo Bianchi, propone un interrogativo di senso, collegato all'Uomo. Il “dove sei”?, declinato nella accezione del “ri-conoscimento”.
Così recita il motivo di un brano del rapper Fabri Fibra con Colapesce e Dimartino.
Esiste davvero qualcuno che “ci fa vedere come si fa”?
Da appassionati di circolarità, continuiamo il discorso intrapreso nella edizione precedente, provando a strutturare, contestualmente una risposta e un nuovo quesito. Quello successivo.
Qual è l'estensione più istintiva (si perdoni l'allitterazione) dell'azione di “messa in luce”?
Quella della propagazione.
Proviamo a ragionare per sottrazione.
In quale momento siamo maggiormente in grado di apprezzare la Luce?
Diremmo, per istinto, al buio!
Ma magari nel buio, persiste una condizione di “luminosità” del tutto anticonvenzionale che resta preferibile e verso la quale orientiamo la nostra personalissima scelta. Tale ragionamento, traducendo le metafore, può essere applicato alla proiezione sul senso della esistenza.
È sempre una questione est-etica.
Che si tratti di equilibrio, di armonia o di una forma alternativa con la quale (molto personalmente!) giudichiamo una qualsivoglia forma d’arte. La genesi di questa “dis-abitudine alla norma estetica” l’ha espressa in modo straordinariamente affascinante, Gillo Dorfles, critico d'arte, pittore, filosofo e accademico italiano, già visiting professor in varie università americane, professore di Estetica negli atenei di Milano, Cagliari, Firenze, e Trieste, autore di saggi, monografie, articoli ed elzeviri, nel suo Estetica Dovunque, (Bompiani ed.) nel saggio dal titolo: “Elogio della Disarmonia”.
Itinerario.
Concernente il percorso relativo al viaggio, talvolta con particolare riferimento alla determinazione spaziale o all’entità.
Viaggio.
Ne scrive il filosofo, Umberto Galimberti: “(…) Quando viaggiare è offrirsi al rischio di non essere compresi, e, al limite, neppure letti come uomini o come simili, allora è la terra a offrirsi senza nessun orizzonte, e il cielo a coprire una vastità senza riferimento, e la storia a inabissarsi nei secoli per evocare tutta quella immaginazione che mai avremmo sospettato avesse riscontri di realtà. (…) Qui il viaggiatore incontra quella parte dell’anima che è la meno spirituale perché è la più istintiva. L’anima-animale, appunto. E istinto vuol dire fondersi con gli odori, le variazioni di temperatura, i suoni, il vento, con il sole che cuoce sulla testa e porta i pensieri su vie associative inconsuete, dove ciò che alla fine si trova è la giusta dimensione di sé”.