Apr 16, 2024 Last Updated 9:23 AM, Dec 12, 2023
Eva Bonitatibus

Eva Bonitatibus

Giornalista pubblicista

I libri sono la mia perdizione. Amo ascoltare le storie e amo scriverle. Ma il mio sguardo curioso si rivolge ovunque, purché attinga bellezza e raffinatezza.

La musica è il mio alveo, l’arte la mia prospettiva, la danza il mio riferimento. Inguaribile sognatrice, penso ancora che arriverà un domani…

Nessuno da salutare

nessunodasalutare Una storia forte, dura da accettare, scomoda come tutte le storie vere della nostra società. Nessuno da salutare, un romanzo generazionale del potentino Dino Rosa appena uscito nelle librerie, racconta con estremo realismo il mondo della tossicodipendenza e della fragilità degli adolescenti. Edito da Valentina Porfidio, il libro, il secondo per il giovane scrittore talentuoso, accende i riflettori su un dramma che appartiene a tutti noi, quello della droga, dei rave party, di Scampia, dei centri di recupero, della disperazione.

Ivana, Andrea, Lorenzo sono i protagonisti di questa storia. Tre giovani con tre storie diverse che ad un certo punto si incrociano per poi dividersi, ma mai del tutto. I loro sono i volti della sofferenza e del cinismo, della forza e dell'impotenza, del potere e delle sue vittime. All’inizio sono ragazzi come tanti con la passione per le moto, per il bel vivere, per il divertimento, ma anche persone che amano l’impegno, che sognano il successo, che aspirano a brillare. Poi succede che un brutto evento segna così profondamente i loro animi da cambiarne completamente i destini.

C'è anche tanto amore in queste pagine, un amore così forte e così grande da trovare quale unica strada quella dell'eterna solitudine. Un libro che fa riflettere sul ruolo di tutti in questo mondo, dei genitori in primis e delle responsabilità, grandi, che hanno nei confronti di quei figli fragili che non vanno mai abbandonati. Un libro che accende la lampadina su un mondo che noi tutti rifuggiamo ma che purtroppo esiste e che come ben descrive l’autore, “se ci entri non ne esci più”. Non basta la forza di volontà, occorre la mano di qualcuno più grande di te. Qualcuno che sia strutturato, che conosca tutte le porte da aprire per indicare l'uscita da quel maledetto tunnel. Quanti casi come questo esistono al mondo? Tanti, troppi, e come Dino Rosa fa dire ai tuoi personaggi, non esistono strutture in grado di prevenire la discesa agli inferi.

scrivere dinorosa2 resizeIl romanzo scivola come acqua. Il ritmo è incalzante e il lettore non può staccarsi dalle sue pagine senza averlo finito prima. Merito della scrittura sicura, pulita, sincera, a conferma del successo del primo romanzo. Una scrittura che svela l’animo sensibile dell’autore, la sua prosa diventa poesia e lascia spazio al lato romantico del suo sentire il mondo.

Tante le immagini che suggestionano il lettore. Tra queste la lacrima di Ivana ormai sola che cadendo dal viso atterra sulla scrivania facendo rumore. Un tonfo nel silenzio sordo della sua solitudine che purtroppo l'avvolgerà fino alla fine.

Perfetto l’accostamento con le canzoni di Piko, musicista potentino scomparso prematuramente, le cui parole sono un tuffo al cuore. Non avrebbe potuto descrivere meglio il passaggio dalla vita all'aldilà. “Saremo vento, e il sole ci attraverserà”. 

Un libro che deve aprire gli occhi a chi non vuol vedere. Una storia che devono leggere non solo i giovani, ma soprattutto gli adulti perché imparino a stare vicino ai ragazzi e a prestare loro ascolto. I figli sono quello che vivono e se vivono nella comprensione sapranno comprendere gli altri. Se vivono nell'indifferenza saranno freddi e distaccati. Se vivono nell'amore sapranno amare. Un libro che insegna soprattutto ad amare se stessi.

Eva Bonitatibus

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Ricordi in bianco e nero

Terza puntata dei racconti inediti dedicati al ritrovamento della Agfa Billy Clak, la vecchia macchina fotografica che custodiva ancora un rollino che sviluppato ha restituito tre foto in bianco e nero. Dal laboratorio “La bottega dello scrittore” il racconto elaborato da Eva Bonitatibus.

inedito ric1E’ successo tutto un bianco giorno di gennaio. Era inverno e il freddo entrava fin dentro le ossa. Ma non avrei rinunciato per nulla al mondo a quel viaggio che sognavo fin da bambina.

Visitare Vienna. La capitale dell’Austria in questa stagione dell’anno è un vero spettacolo!

Da gennaio infatti Vienna si veste a festa e comincia la stagione dei Balli. Io ero lì per quello dei fiori che si svolge nel salone delle feste del maestoso Municipio in stile neogotico il 16 gennaio di ogni anno. L’antico palazzo dalle 1500 stanze si trasforma in un immenso giardino colorato e l’allegria che si respira è contagiosa.

Ero giunta nella capitale austriaca nel pomeriggio inoltrato, dopo un lungo ma piacevole viaggio in compagnia di mio figlio. Scegliemmo il treno per godere appieno del panorama che sfilava davanti ai finestrini in corsa. Attraversammo tutta l’Italia, assaporammo i colori dei paesaggi che mutavano rapidamente. Ci stupimmo nell’osservare il digradare della natura. Pianura, mare, laghi, montagne. In quasi due giorni di viaggio vedemmo tutta la geografia che compone il nostro territorio.   

La neve ci accolse. Imbiancava tutte le strade e l’aria sembrava ferma in attesa della vita che sarebbe esplosa di lì a poco. Non c’era anima viva e le poche orme impresse nel soffice manto lasciavano intuire che la gran parte delle persone preferiva stare al calduccio davanti ad un caminetto acceso con una tazza di te bollente tra le mani. Ma io amavo sentire quell’aria pungente sul viso. Camminare nel silenzio della neve mi faceva star bene. Passeggiai mano nella mano con mio figlio non so per quanto tempo. Ci fermammo davanti ad una vetrina piena zeppa di cioccolatini che scendevano a cascata da alzatine di porcellana bianca disposte su vari livelli. Le famose “palle di Mozart” erano uno spettacolo! Le avevo viste su un portale web, quando cercavo informazioni su quel viaggio che stavo organizzando da tempo, ma vederle dal vivo era tutt’altra cosa.

Le luci dei lampioni illuminavano le strade del centro storico della città e dai caffè disseminati lungo il grande viale proveniva un invitante profumo di dolci allo zenzero. Camminavamo con il naso all’insù guardando la maestosità di queste strutture che raccontavano la loro storia regale e sontuosa. Raggiungemmo presto il nostro albergo, che si trovava in una viuzza della parte antica della città, e dopo aver sistemato i bagagli ci preparammo ad uscire di nuovo per visitare Vienna di notte.

Ai piedi del Municipio, la cui facciata era illuminata da fasci di luci colorati, si apriva una grande piazza occupata da tanti mercatini disposti uno accanto all’altro per la festa del giorno dopo. Lunghi banchetti all’aperto con coperture in legno piene di piccole lucine che si riflettevano nella neve facendola brillare.  

La mia attenzione fu attirata da un banchetto di oggetti vintage e in particolare da una vecchia Agfa Billy Clack. Si trattava di una macchina fotografica a soffietto dei primi anni del ‘900, la stessa che aveva usato mio nonno durante la guerra e che ora chissà dov’era finita.

La Billy Clack che avevo davanti era in ottimo stato. Rivestita in similpelle, aveva il pannello frontale interamente decorato con smalto nero lucido e listelli cromati. Chiesi di poterla vedere meglio e notai qualche segno di ruggine lungo i bordi. Ci passai il dito sopra e sentii la ruvidità del tempo che ne aveva solcato la superficie. inedito ricordi2

Guarda qui, vedi come è bella.

Cosa?

Questa macchina fotografica. Vedi?

E’ tua?

Una volta lo era.

Perché nonno, non ce l’hai più?

No, l’ho perduta per sempre.

Dove nonno?

In guerra…

Mio nonno mi teneva sulle gambe mentre mi sfogliava un libro sulla storia delle macchine fotografiche e c’era l’immagine dell’Agfa Billy Clack, la stessa che aveva usato durante la guerra. Gli si inumidivano gli occhi tutte le volte che mi parlava del prezioso oggetto che era stato il suo compagno di viaggio.  Mi raccontava come cambiava il rullino al buio per non bruciarlo, della luce del mattino per lo scatto perfetto, mi spiegava tutte le caratteristiche di questo modello. Un po’ alla volta mi instillò l’amore per la fotografia che in fondo era un modo non solo per realizzare immagini ma soprattutto per fermare i ricordi. Riponeva poi con cura il libro nella libreria e si rimetteva sulla poltrona a fumare la pipa guardando un punto imprecisato della stanza.

Quella macchina fotografica era molto simile a quella del nonno. Decisi di acquistarla, così chiesi al venditore quanto costasse. L’uomo dall’altro lato del banchetto mi scrutò dal bordo del cappello di lana grigio calato fin sopra gli occhi color ghiaccio.

Una profonda ruga tra le sopracciglia e la pelle solcata ai lati degli occhi mi fece capire che non si trattava di un mercante alle prime armi. Poteva avere all’incirca sessant’anni. Dalla folta barba brizzolata che gli ricopriva il viso spuntò inaspettato un largo sorriso che mostrò una dentatura perfetta e bianchissima. Uno strano contrasto che gli conferiva un certo fascino. Si sporse lentamente verso l’Agfa, la sollevò delicatamente, cominciò a ruotarla per osservarla meglio, come se a comprarla dovesse essere lui. Aveva un paio di guanti di lana neri senza dita e una pesante giacca di panno scuro. Non andava di fretta. Sembrava non temere il freddo che a stare fermi bloccava pure il respiro.

-          E’ un buon affare signora.

Uscì una nuvola di vapore bianca dalla sua bocca.

-          Da dove viene?

Gli chiesi provando un certo imbarazzo per la domanda forse inopportuna per quel tipo di commercio.

-          Me l’ha venduta un signore che aveva bisogno di soldi. E’ un pezzo originale ed è conservata bene.

Mi mostrò l’Agfa. Effettivamente era in buone condizioni e la macchina, tranne la ruggine ai bordi, era veramente perfetta.

-          La prendo, dissi senz’altro aggiungere.

Non provai neanche a tirare sul prezzo. Volevo a tutti costi quell’oggetto che mi aveva brutalmente riportato nel passato facendomi quasi dimenticare il motivo del mio viaggio. Il mercante senza farselo dire una seconda volta ripose la macchina fotografica nella custodia, l’avvolse in una carta da imballaggio marrone e me la porse. Pagai, lo ringraziai e soddisfatta per l’acquisto volsi le spalle e mi allontanai.            

                     

Non aprire mai il rullino alla luce, capito?

Perché nonno?

Perché si brucia la pellicola. Ricorda di fare questa operazione al buio, se vuoi salvare l’immagine.

Ero nella stanza oscura che avevo allestito nel mio appartamento. Di ritorno dal mio magnifico viaggio, maneggiando l’Agfa scoprii che dentro c’era un rullino. Immersa nel buio del mio rifugio preferito lo estrassi e sviluppai le stampe. Comparvero tre immagini in bianco e nero che ritraevano un uomo e una donna in un bosco nei pressi di un corso d’acqua.

inedito ric3Nonno mi racconti quando sei scappato dai campi di concentramento? E’ vero che sei tornato a casa a piedi? Ma non ti sei mai fermato?

No piccola, vieni qui che ti racconto. Riuscii a scappare dai tedeschi che ci tenevano prigionieri insieme a tantissimi altri soldati. Ne approfittai un giorno che un camion che portava  cibo andava via. Salii nel cassone, mi nascosi tra i pacchi e così riuscii a fuggire. Dopo ore di viaggio, prima di un posto di blocco, mi catapultai dal camion in corsa. Mi ritrovai in una campagna sperduta, camminai a lungo inoltrandomi in un bosco, trovai una casetta. Entrai, ma non c’era nessuno. Avevo fame e sete, aprii le scansie, rovistai nelle dispense ma non trovai nulla. Era una casa disabitata chissà da quanto tempo. Trascorsi la notte lì dentro. L’indomani mattina decisi che non potevo andare in giro con quella divisa ormai logora e sporca. Trovai degli abiti, li indossai anche se mi stavano un po’ larghi, e quando sollevai lo sguardo alla ricerca di un berretto vidi una Billy Clack sul ripiano più alto dell’armadio. La presi con me e fuggii.

Mi rigiravo quelle foto tra le mani.

Chi sono? Continuavo a chiedermi. Osservai meglio i loro visi ma le foto, sebbene fossero uscite bene, non erano così nitide. Avvicinai le immagini, le scrutai con la lente d’ingrandimento alla ricerca di qualche dettaglio che mi aiutasse a capire l’identità dei due personaggi. Mi tornava la voce di mio nonno.  

Incontrai una donna. Era bella ed elegante. Aveva la voce soave e la pelle delle mani bianca e morbida. Ero ancora molto lontano da casa, mi mancava la mia famiglia e questa donna mi faceva sentire ancora più forte la loro lontananza. Un giorno che ero particolarmente triste mi invitò a fare una gita ad un lago lì vicino. Voleva aiutarmi a distrarmi regalandomi una giornata di svago. Io portai con me la mia ormai inseparabile Agfa e mi divertii a scattarle qualche foto e ad insegnarle come si facessero. Una bomba esplosa nel villaggio lì vicino ci colse di sorpresa, cominciammo a correre senza sapere dove, e io sopraffatto dalla paura lasciai la mia Agfa a terra.

Non ci potevo credere. Avevo davvero trovato la macchina fotografica di mio nonno? Davvero era lui ritratto in quelle foto? Il cuore cominciò a tumultuare nel petto. Grossi lacrimoni si affollarono negli occhi e non riuscii più a distinguere quei corpi che ora si deformavano senza contorni precisi. La mia gioia era enorme, non ero sicura che fosse proprio lui, ma in quel momento volevo credere di averlo ritrovato. Forse mi ero riappropriata di un frammento della mia storia. O forse no, era solo suggestione mista al desiderio di rimettermi sulle tracce della vecchia Agfa. Tutto mi sembrava  incredibile. Vienna si era rivelata magica e questo ritrovamento aveva trasformato il mio viaggio in una fiaba a lieto fine. In ogni caso.     

Eva Bonitatibus

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Io leggo perché

editoriale giornatalibro1 resize“Nessun vascello c’è che, come un libro, possa portarci in contrade lontane”. La famosa frase di Emily Dickinson ci introduce in quella che sarà la più grande celebrazione del libro e della lettura. Il 23 aprile si festeggerà infatti la Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore, un’occasione ghiotta per parlare di libri, di case editrici, di letture, di lettori, di librerie, di booklovers, di scrittori. Insomma di tutto quanto ruota intorno al mondo della bibliofilia.

Una festa nata nel 1996 quando, sulla base di una tradizione catalana, la Conferenza Generale dell'UNESCO ha proclamato il 23 aprile di ogni anno “Giornata mondiale del libro e del diritto d'autore”. L'obiettivo della Giornata è quello di incoraggiare a scoprire il piacere della lettura e a valorizzare il contributo che gli autori danno al progresso sociale e culturale dell'umanità. Una tradizione di origine medioevale vuole che in questo giorno ogni uomo regali una rosa alla sua donna; ricollegandosi a questa tradizione, i librai della Catalogna usano regalare una rosa per ogni libro venduto il 23 aprile.

editoriale giornatalibro2 resizeTante le iniziative che si terranno in tutto il mondo per questo giorno, in Italia la più rappresentativa è “#ioleggoperché” dell’Associazione italiana editori al fine di promuovere i libri e  la lettura proprio in coloro che leggono poco o niente. In Italia, purtroppo, sono ancora tanti, più della metà degli italiani. La figura che animerà le strade, le scuole e le librerie sarà il messaggero della lettura che inviterà la gente a leggere brani di libri.

Anche noi di Gocce d’autore stiamo organizzando la “nostra” Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore. Vestiremo il nostro vicolo di carta, creeremo angoli di lettura, coloreremo la gradinata che porta alla nostra sede di segnalibri e libri d’artista, riempiremo la giornata di letture con maratone vere e proprie e incontri con scrittori e case editrici. Sarà una bella festa cui parteciperanno le scolaresche cui saranno proposti laboratori di illustrazione dei libri letti direttamente dagli autori. editoriale giornatalibro3 resize

Aderiamo senza tentennamenti alla campagna “#ioleggoperché, sottoscrivendo tutti i perché elencati perché per noi i libri e la lettura sono la linfa che tiene in vita corpo e mente.   

 Eva Bonitatibus

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dialogare dicapua1 Una passione per la storia, un amore per la terra natale, un’attrazione per la scrittura. Lui è Donato Di Capua, narratore lucano, che in due anni ha dato alla luce due romanzi Il buio della mente, la luce nell’anima e Giocando con le spade di legno, entrambi editi dalla casa editrice Kimerik. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti e premi letterari, tra cui per il primo libro il Premio nazionale “Fratellanza nel mondo” nel 2013 e il Premio letterario nazionale “Un libro amico per l’inverno”, patrocinato dall’Unesco, dall’Accademia delle Belle Arti e dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura. Giocando con le spade ha ottenuto il Premio La Ciociara, anno 2014, il Premio Letterario Nazionale “Zingarelli” e il Premio "Un libro amico per l'inverno", ricevendo inoltre la medaglia del Senato della Repubblica. Le sue storie sono vera poesia, un canto alla bellezza della vita, un inno alla libertà. Noi lo abbiamo avuto ospite a Gocce d’autore in occasione della presentazione del suo ultimo romanzo ed abbiamo voluto ospitarlo anche nella nostra rivista per continuare il dialogo avviato qualche mese fa.   

Un romanzo storico sul Risorgimento italiano che parla di brigantaggio. Un fenomeno che popolò i boschi della Basilicata e che è stato raccontato in tanti modi. Tu affidi la narrazione ad un bambino di 10 anni. E' un tentativo per restituire purezza ad uno dei periodi più controversi della nostra storia?

La purezza è uno dei valori che ogni uomo dovrebbe mantenere  anche da adulto, perché tramite essa riesce a preservare la semplicità e l'essenzialità di un bimbo. Lo stupore nei confronti del mondo, l'amore per la libertà, sono componenti del mio romanzo. Quel bambino di dieci anni vive appieno la sua essenza e lo fa puro, libero, semplice.  Quindi si, quella purezza ridà verità alle controversie della storia.

La parola che più ricorre nel romanzo è libertà. È la chiave di lettura che l'autore consegna al lettore?

Tra le chiavi di lettura è di certo la più importante, in quanto è valore sensato ed imprescindibile di ogni vita umana e per quanto mi riguarda anche di ogni mia storia. La affido al lettore affinché tramite essa possa imparare a desiderare questo stato, o possa apprezzarlo ancor di più se già sa di averlo. Nel  mondo di oggi non si è mai liberi completamente. Compito di ogni essere è conquistare la libertà in quanto è essa stessa vita.

Chi sono i protagonisti del romanzo?

dialogare dicapua2 resizeProtagonisti del romanzo sono due bambini di 10 anni che con il tempo e con il dolore crescono. Diventano uomini e sanno di dover vivere delle tante gioie che la vita non smette di riservare loro. Uno prende il mio nome, è il mio alter ego, l'altro è un personaggio che la storia ha sempre penalizzato, appellandolo "delinquente,  brigante". In fondo non era altro che un uomo che credeva che l'unione facesse la forza e che sognava la libertà,  la fatidica libertà che otterrà solo con la morte.

Il lupo e il serpente sono i nomi di battaglia dei due piccoli eroi. Sono questi a segnare il destino dei due futuri uomini?

Il lupo e il serpente seguono i protagonisti nel loro percorso di vita, sono nomi e sono codici per chiamarsi senza farlo capire al resto del mondo. Sono due simboli, opposti, di forza, di vita. Due esseri che nulla temono, nemmeno la notte, quando la loro migliore amica sarà quella splendida dama bianca che noi mortali chiamiamo luna.

È un libro che presenta il brigante più vessato dalla storiografia ufficiale in una chiave inedita. Chi è veramente Carmine Crocco?

Come dicevo Carmine Crocco era un uomo come tanti, un uomo che ha avuto il coraggio delle proprie idee, che ha portato avanti i suoi sogni, i suoi diritti alla vita, ad un'esistenza dignitosa che altri uomini gli tolsero, bastonandolo come si fa alla peggiore delle bestie. Uomo dai nobili ideali ma che la rabbia ha saputo sopraffare, inducendolo a commettere errori micidiali, tanto che il mezzo ha purtroppo superato il fine. E la storia lo ha rinnegato.

Quale ruolo avrà la "spada di legno"?

La spada di legno è la vera chiave di lettura del libro e vuol dire tre cose: libertà,  semplicità,  coraggio. È questa a dare la forza di lottare contro le ombre nel grano, è questa il sigillo dell'amicizia tra i protagonisti, e sarà questa, anzi, le spade, a permanere nel tempo odorando d'eternità,  divenendo almeno loro immortali.

La cornice del romanzo è una Basilicata d'incanto, in cui la luce, gli odori e le forme rappresentano autentici affreschi sentimentali. È amore per la terra natale?

dialogare dicapua3 resizeLa Basilicata è in sé amore, è in sé odore, luce, sapore, freschezza,  purezza. È terra rude ma dolce, delicata ed aggressiva, fragile e forte. Ed io la amo per tutto questo.

Un libro che parla soprattutto della storia di un'amicizia. A chi è rivolto?

I miei libri nascono per essere rivolti a chiunque abbia voglia di sentimento, di emozione, di rivivere i valori portanti dell'esistenza. A chiunque desideri, almeno per un attimo, di essere immortale, come un sorriso, come l'aria, come i sogni.

Cosa rappresenta per te la scrittura?

La scrittura è il mezzo, il modo ed al tempo stesso il fine per espletare la parte migliore di me, quella che sogna l'eternità delle vite e dei ricordi e che non smetterà mai di guardare oltre la siepe dell'esistenza terrena per spingersi nel tempo dell'immenso.

Eva Bonitatibus

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editoriale fiori di mandorlo1

E con un ramo di mandorlo in fiore,
a le finestre batto e dico: «Aprite!
Cristo è risorto e germinan le vite
nuove e ritorna con l'april  l'amore
Amatevi tra voi pei dolci e belli
sogni ch'oggi fioriscon sulla terra,
uomini della penna e della guerra,
uomini della vanga e dei martelli.
Aprite i cuori. In essi irrompa intera
di questo dì l'eterna giovinezza ».
lo passo e canto che la vita è bellezza.
Passa e canta con me la primavera.

 

Sono i versi di Ada Negri dedicati al tempo della Pasqua. Si innalzano inni alla bellezza della natura in fiore, che rinasce più vigorosa di prima, e alla giovinezza della vita resa eterna dalla risurrezione di Gesù. Un passaggio importante che nel trasmettere il suo messaggio di rinascita e di fede nella risurrezione ci apre gli occhi su una grande verità: il desiderio di vivere la vita ogni giorno con palpiti nuovi, con orizzonti da disegnare, con passi da “camminare”. La poetessa morta settant’anni fa era nota per la sua sensibilità verso i temi sociali dovuti all’ambiente in cui visse e si formò. E l’elemento poetico volto a sostenere la lotta del proletariato contro la borghesia assume anche valori religiosi. La scrittura diviene lo strumento di denuncia contro una classe sociale che aborra e di affermazione di un universo femminile sempre più consapevole. Le sue vicende personali, la separazione con il marito in particolare, le fanno scaturire una sensibilità ancora più elevata e le sue opere assumono carattere intimistico. In lei rimane comedonopiù prezioso, nonostante il dolore, la vita. editorialeada Negri2

La vita che nasce è il significato più bello di questo momento epocale. La lotta per la vita sembra essere, senza false retoriche, il punto focale tra i morti che si contano ogni giorno. La morte che sovrasta la vita, il buio che ingoia la luce. Tante, troppe vittime di questo nero che annebbia le menti di esseri umani delusi, frustrati, esaltati che decidono di trascinare nella propria follia vite innocenti. Contro l’immagine di orrore di questi giorni, in cui un uomo ha deciso per gli altri, dobbiamo lottare per affermare il messaggio pasquale. La parola profetica della poetessa lodigiana ha bussato alla porta dei miei ricordi ed io le ho aperto. L’ho ascoltata ed ho riflettuto su quanto mi ha detto: dobbiamo rinascere e con rinnovato sguardo rivolgerci alla vita che rifiorisce. Apriamo le finestre al ramo di mandorlo in fiore, accogliamo la vita che germoglia e amiamoci senza riserve. Che sia una Pasqua di risurrezione!

Eva Bonitatibus

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