Jun 05, 2023 Last Updated 6:32 AM, May 26, 2023

Dal Carosello al Guerrilla Marketing In evidenza

Pubblicato in Investire
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C’era un tempo in cui la pubblicità segnava l’ora della nanna, stiamo parlando del famigerato Carosello che per anni, attraverso i suoi spot diretti, semplici, che attingevano a luoghi comuni e vicino alla cultura popolare, hanno indirizzato gli italiani nei loro acquisti. E’ così che a partire dal 1957 in dieci minuti i messaggi pubblicitari pretendevano di essere rassicuranti e persino pedagogici, promettendo la qualità del prodotto, accompagnavano gli italiani in una cultura consumistica.

 

Era evidente che si volesse sottolineare un benessere economico, che in quei tempi si aveva più a Nord che a Sud vista la nascita e lo svilupparsi di fabbriche, e questo veniva messo in luce con un evidente accento milanese piuttosto che veneto del protagonista dello spot.  Anche lo stereotipo della famiglia felice e dei figli obbedienti invogliavano chi la guardava ad ambire a quello stile di vita e potersi permettere quei prodotti che in un certo senso significavano emancipazione.

Una sempre più crescente varietà di prodotti, nonché la concorrenza imponevano l’entrata in scena della pubblicità tra un programma e un altro segnando così la chiusura del sipario del Carosello. Si arriva dunque all’interruzione dei programmi a favore della réclame permettendo a quelle aziende con maggiore potere di acquisti per spazi pubblicitari durante la prima serata ad avere la meglio sui prodotti dei concorrenti. Si perde in questo modo la fiducia che si riponeva nel prodotto pubblicizzato perché probabilmente lo stesso prodotto, ma di una marca diversa e a un costo inferiore, assolveva la stessa funzione.

Se precedentemente, durante il boom economico, il possedere l’oggetto pubblicizzato mostrava lo status di chi lo possedeva, con il diffondersi del benestare della classe media questo iniziava a venire meno e piuttosto si era alla ricerca del diverso e della novità. Così, in piena saturazione dei mercati e dove le aziende facevano a gara a catturare l’attenzione del cliente, ormai disattento al messaggio, si cercò di farsi concorrenza con l’abbattimento del prezzo di vendita. Come soluzione le aziende adottarono l’esternalizzazione (outsourcing), spesso perdendo in qualità e know how, questo con il senno del poi, ha portato a un’inevitabile crisi economica. E’ durante questi anni che prende piede il marketing non convenzionale del quale aveva già parlato Levinson nel 1984 con il libro intitolato Guerrilla Marketing. E’ un tipo di pubblicità dov’è la creatività a farla da padrona per catturare l’interesse del pubblico per un prodotto o servizio. Si vuole cercare di ricreare quel rapporto di fiducia verso la marca, che si è perso, affinché il cliente si fidelizzi e possa esso stesso essere promotore generando il passaparola (marketing virale), e garantendo così gli introiti dell’azienda.

Il Guerrilla Marketing non prevede l’utilizzo di grandi budget, si basa invece sul tempo e cioè essere pionieri e studiare il momento giusto d’intervento, e soprattutto essere creativi per poter farsi notare da un cliente che ormai non guarda neanche più un cartellone pubblicitario. Perché? Perché sono troppi, perché viviamo in un mondo dove la pubblicità è ovunque, dove ognuno cerca di accaparrarsi clienti e rubarli al vicino per prodotti spesso fatti dalla stessa azienda indiana o cinese, ma con etichette diverse che ne determinano il prezzo.

Si è dunque dovuti ricorrere al marketing di strada, nelle forme più estreme, ma nuovo e innovativo, come ha fatto McDonald’s a un incrocio stradale di Kuala Lumpur, dove invece delle classiche strisce pedonali bianche puoi trovare strisce pedonali gialle che richiamano le patatine del famoso fast food. Sicuramente efficace per il pubblico al quale il marchio si rivolge: non è forse lì che si va quando si è di fretta per strada e si vuole mangiare con pochi soldi, ma volendo la garanzia di trovare sempre la stessa consistenza nel prodotto? Si, si va al McDonald’s.

Un altro esempio fu l’evento organizzato nell’aeroporto a Bologna da Bacardi per promuovere gli allora novelli Bacardi Breezer. L’evento generò non poco mormorio in quanto oltre allo stupore dei viaggiatori regalò un’esperienza inaspettata, non capita poi tutti i giorni di dover salire a bordo o atterrare e imbattersi allo stesso tempo in una serata in discoteca. Questo tipo di marketing ha un potenziale per una crescita esponenziale dell’esplosione e dell’influenza del messaggio, viene definito virale perché proprio come un virus sfrutta la rapida moltiplicazione per far esplodere il messaggio. Il buzz marketing (mormorio) ovvero il passaparola è più efficace quando è “wom organico”, cioè si manifesta naturalmente dal consumatore, al contrario invece del “wom amplificato” pagato dall’azienda. Potrei parafrasarmi dicendo che è meglio ascoltare l’esperienza di un amico, piuttosto che di una influenzer, la quale anche se non pagata dalle aziende riceve trattamenti di favore e gadget.

In conclusione, in una società satura di tutto bisognerebbe ritornare all’essenziale, del poco ma buono in qualità e resistente all’usura, piuttosto che del superfluo che non fa altro che generare spazzatura dannosa per la nostra terra. Iniziare a ricomprendere la qualità dei materiali e l’accuratezza della manifattura professionale, perché sicuramente ha più valore una buona borsa con la quale hai fatto mille avventure, che dieci le quali non ricordi neanche il perché le hai comprate, il motivo è semplice: la prima è parte di te e della tua vita, le seconde sono solo un mostrarsi.

 

Francesca Soloperto

Francesca Soloperto

Dilettante Fotografa

Mi faccio catturare da tutto ciò che mi da emozione e immagazzino nel mio Io.

Sono curiosa verso tutto ciò che può insegnarmi qualcosa.

Sono curiosa verso l’Arte qualunque essa sia perché penso che sia espressione di un altro Io, dunque porta alla riflessione e al confronto, perciò crescita.

Considero il “Viaggiare” una forma di Educazione al Sapere e al saper Vivere, aspiro dunque a girare il Mondo…così da poter poi affermare: “ ho conosciuto, ho vissuto!”.

Cos’è per me la fotografia?

“Se guardando la foto questa mi da la stessa emozione che ho provato scattandola allora è lei, diversamente la cancello”.

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