A distanza di 77 anni dalla pubblicazione per i tipi di Einaudi dell’immortale Cristo si è fermato a Eboli, quei sogni si stanno avverando. Il borgo del materano presso il quale lo scrittore torinese soggiornò dall’estate del 1935 alla primavera del 1936, è cresciuto così tanto da essere diventato uno dei centri culturali più attivi della Basilicata. Un fenomeno letterario: non è solo il luogo dell’ispirazione poetica per eccellenza, ma è anche il simbolo della fattività e della concretezza. Sono nate infatti una serie di iniziative che hanno portato pian piano Aliano ad uscire dal suo isolamento e a farsi conoscere al resto del mondo. Grazie all’instancabile attività del Centro culturale “Nicola Panevino”, attivo dagli anni ’70, e alla operosità delle amministrazioni comunali succedutesi negli anni, è nato nel 1999 il Parco letterario intitolato a Carlo Levi. Tante le iniziative culturali di richiamo nazionale, tra tutte il Premio letterario che ha convogliato sulla montagna materana schiere di scrittori e di intellettuali.
Intorno alla vita del Parco letterario sono poi nate altre iniziative importanti come la rete museale comprendente 7 musei - il Museo Paul Russotto, il Museo del Rischio Idrogeologico, il Museo della Civiltà contadina, il Museo della fotografia, il Museo Storico Carlo Levi, il Museo dell’Olio, il Museo della maschera e del Carnevale storico - e la Pinacoteca Levi a Matera. Oltre ai musei ci sono ben 4 biblioteche - la Carlo Levi, la Levi Saba, la biblioludoteca e la biblioteca del Corso – che testimoniano il percorso compiuto e l’evoluzione impressa dalla comunità alianese.
Un percorso cominciato dunque con un libro e che prosegue grazie alle pagine di quel libro. Una testimonianza sulla valenza della letteratura e sulla sua capacità di tenere vivi i luoghi e le persone, di rafforzarne l’identità, di preservarne la memoria. La partecipazione di Aliano alla candidatura a Capitale del libro – iniziativa finanziata dal Ministero della cultura - e il suo ingresso tra le otto finaliste è stata già una grande risposta alla forza delle immagini descritte e alla potenza evocativa delle parole di quel romanzo. Il borgo che affaccia sui calanchi non ha vinto il titolo, ma ha vinto una sfida importante, quella dei piccoli numeri che si fanno portavoce di autenticità, di originalità e di dinamicità.
Quale Sud, allora, esprime questo riconoscimento? Non si tratta solo di geografie territoriali, né di quelle umane, come ha affermato la direttrice della Fondazione Circolo dei lettori di Torino, Elena Loewenthal - che in questi giorni sta ospitando una mostra per celebrare i 120 anni della nascita di Levi - ma di un sud interiore che parla di legami, di affetti, di prospettive. Si è da più parti e spesso affermato che la Basilicata ha subito quel ritratto legato all’arretratezza raccontata non solo dallo scrittore, ma anche dal pittore Levi. L’immagine leviana della Lucania ha subito nel frattempo un processo evolutivo. Carlo Levi si è confermato uomo del futuro perché ha proiettato Aliano in una ipotesi di apertura verso il futuro. Lo stesso romanzo non è mai invecchiato, ha dimostrato che i due mondi venuti a contatto, quello dei contadini e quello dei confinati, sono cresciuti entrambi: i primi hanno appreso dai secondi e i secondi dai primi. In questo scambio di conoscenze e di valori, differenti ma reciproci, la storia ne ha beneficiato. Ne ha anticipato il respiro e il cambiamento pur con tempi asincroni (i contadini erano forse inconsapevoli delle spinte per uscire dalla sofferenza). E il lavoro che Levi compie con queste donne e con questi uomini così legati alle superstizioni e ai riti, eppure così veri e reali, è quello della restituzione reciproca. Scriverà più tardi in Paura della libertà, saggio del 1939 pubblicato nel 1946: «Il domani non si può preparare con i pennelli, ma nel cuore degli uomini. Dal sommo della paura nasce una speranza, un lume di consenso dell’uomo e delle cose. Muoiono gli dei, si ricrea la persona umana».
Lui ha creduto in questa opera filantropica, e non solo in qualità di medico. Ai contadini di Aliano ha dedicato anche la sua arte pittorica. Nelle sue tele, immortali anche quelle, restano impressi quegli occhi profondi e grandi come laghi, quegli scorci di strade e di vita, quei calanchi nudi e brulli. Un realismo sociale che racconta la rinascita di un luogo remoto e di un popolo fino ad allora ripiegato su sé stesso. E quegli sguardi aperti sul mondo, quegli occhi cerchiati di nero, sono finestre che si aprono sul mondo permettendo al mondo di entrarvi dentro.
Se Aliano è diventata espressione della cultura (non dimentichiamo che ha concorso al titolo di Capitale europea della Cultura 2022 ed è Bandiera arancione del Touring Club Italiano per il suo paesaggio di pregio e per il valore e la varietà degli attrattori storico-culturali) è grazie al processo avviato dunque da Carlo Levi, al fermento che è riuscito ad alimentare. Ma è anche grazie a chi ha saputo raccogliere la sua eredità investendo in essa e proseguendo nel solco tracciato se il borgo, famoso anche per il Carnevale antropologico, ha raggiunto esiti di tale portata. E quel piccolo mondo immobile e senza speranza ha dato i suoi frutti e, pur rimanendo piccolo, ha avuto la capacità di manifestarsi per ciò che è, facendo della propria identità la sua forza.
Eva Bonitatibus