Apr 20, 2024 Last Updated 9:23 AM, Dec 12, 2023

Terra santissima. Quando si resta perché si ama In evidenza

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Il direttore di un quotidiano nazionale aveva inviato Simona Giunta per sbattere la Calabria in prima pagina, come il “mostro” nel film di Bellocchio. Avveniva qualche anno dopo l’uscita del film (1972), considerato che la narrazione in “Terra Santissima” della non più solo emergente ma affermata scrittrice vibonese Giusy Staropoli Calafati (edito da Laruffa, con prefazione dello scrittore Santo Gioffrè)

è riferita intorno alla fine di quel decennio. Simona Giunta, il personaggio principale, era nata il Calabria, ma da piccola si era trasferita al nord con i suoi genitori. Emigrati? E qui torna Bellocchio con la differenza che fa il termine “disoccupato” con “rimasto senza lavoro” per una visione ideologicamente diversa dello stesso status. In ogni caso gente che era partita, che non era rimasta. Gli articoli di Simona sulla realtà della terra calabra, difatti, non trovano il consenso del direttore della testata, perché – in fondo – non si può e non si deve andare in prima pagina solo per fare scoop e per compiacere la “filosofia della discriminazione” attuata da parte della gente del nord, con sarcasmo e cattiveria pure, con il fine ultimo di vendere copie in più. Per Simona arriva il benservito, ma non la possibilità di documentare in libertà una realtà, quella calabrese e aspromontana in particolare, che non era (e non è) fatta di sole lupare, nascondigli di latitanti e sequestrati, pecorai porta-messaggi e via discorrendo. Torna in Calabria, per conto di un’altra testata giornalistica, e le sembra che la stagione invernale incupisca l’immagine attenuata (inconsciamente?) colta nella precedente visita autunnale, e le sue sensazioni si traducono poi in reale constatazione dell’esistenza della «’ndrangheta» e dei suoi “sacerdoti”. La Staropoli Calafati ne fa cogliere l’essenza a Simona nel personaggio del capo bastone “Malatesta”, ripetendo il termine “male” quando scrive che sarebbe diventato la “malacarne della Calabria”. E precisa che quella criminalità è “il cancro di una terra che si marciva dal di dentro, infettandosi tutto il corpo, senza mai più trovare riparo nemmeno alla settima generazione…la morte dei figli per colpa dei padri…”.

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L’autrice Giusy Staropoli Calafati

Ma rimanere inermi non fa altro che favorire l’espansione della criminalità, e Simona la combatte attraverso i suoi articoli, come avevano fatto Pippo Fava, Peppino Impastato, Giancarlo Siani. Denunciare quella realtà costituiva il primo passo per un cambiamento culturale, per penetrare nelle coscienze dei lettori, della gente in genere. Simona “si fece persuasa” (per dirla alla Camilleri) che era tornata per restare. Solo chi resta può costituire un ostacolo al dilagare della “cultura mafiosa”, un serpente che si insinua e striscia nella cosa pubblica e che “guida” il corso delle cose con l’intento gattopardesco di non modificare i propri privilegi. Solo chi resta funge da “chemioterapia” contro quel cancro, chi resta ha la consapevolezza dei rischi ma anche quella della lotta e delle possibilità di farcela.

Solo chi resta può amare quella realtà fatta di cose “meschine”, può esprimere idee, può sognare un futuro migliore per i giovani e per le donne, per quelle donne che non sono né vestite a lutto per tutta la vita né quelle in carriera che gli ‘ndranghetisti hanno fatto studiare per gestire i loschi affari e quotarsi persino in Borsa.

Questo testo di Giusy Staropoli Calafati costituisce un approccio diverso alla problematica affrontata, grazie ad una narrazione scorrevole e intrigante che non sfora nella rigidità della numerosa e pur autorevole letteratura sull’argomento, di autori calabresi e non.

L’autrice ama la Calabria e la “calabresità”, pur senza fondamentalismi, ama la storia, le tradizioni (tra le tante, il “culto” dei Giganti Mata e Grifone) e i valori di questa terra, dove vivono persone oneste e laboriose e non solo ‘ndranghetisti. Ama gli scrittori calabresi, in particolare Corrado Alvaro e Saverio Strati, e da anni si batte presso il Ministero dell’Istruzione e l’Assessorato competente della Regione Calabria per l’inserimento delle loro opere nei programmi scolastici attraverso più iniziative, contando anche su “Vibo Valentia capitale del Libro 2021”, ottenendo il sostegno di Istituzioni e di estimatori, in primis il noto saggista Walter Pedullà. Lo stile della Staropoli è gradevole, frizzante, il lettore non si sente mai “ingessato” nel leggere il libro. Anche questo meriterebbe di essere annoverato tra i testi da utilizzare nei programmi scolastici.

Letterio Licordari

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