Mar 28, 2024 Last Updated 9:23 AM, Dec 12, 2023
Virginia Cortese

Virginia Cortese

Giornalista pubblicista

Appassionata e onnivora lettrice

Considero i libri come finestre sulla vita, da aprire costantemente per imparare come comportarsi sulle strade del mondo.

I miei libri guida sono La Nausea di Sartre, Amore Liquido di Bauman e Il Libro del riso e dell’oblio di Kundera.

Mi piace contemplare e vivere il Bello, perché sono convinta che sia davvero l’antidoto al male. Adoro l’arte, la corrente espressionistica è senza dubbio quella che mi rappresenta in modo totale, il mio quadro del cuore è Notte Stellata sul Rodano di Van Gogh.

Una visione romantica e di prospettiva sulle cose non può esulare dal ri-conoscersi in un’opera lirica, la mia è La Bohème di Puccini.

Dissento. Dunque sono.

Potrebbe essere una inversione di paradigma (per la verità, non del tutto originale, considerata la declinazione di tantissime forme, rispetto al più noto “Cogito. Ergo sum”), una rivalsa sociale, corale, ma anche individuale, la porta privilegiata per iniziare un viaggio autentico dentro sé stessi.

Dentro perché l’apparato, l’intorno, è predisposto in modo analgesico, in modo cautelativo, ma fin troppo strumentale e con obiettivi di produzione, figli di quel fluire e di quel consumo-figlio del tempo in cui il destino ci ha avventurati.

A tal punto, da costringerci a non investire più sulla nostra risorsa prima, quella dell’esperienza del/con il dolore.

Ne scrive in un saggio che è un manifesto totale, a parere di chi scrive, dal titolo “La società senza dolore. Perché abbiamo bandito la sofferenza dalle nostre vite” (Einaudi), il filosofo e docente sudcoreano dell’Università di Berlino, Byung-Chul Han.

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Una domanda squisitamente ontologica. Che fluisce da un ragionamento che ha a che fare con alcune altre categorie: l'individuo, la comunità, la storia, la percezione dell'altro da sé.

Martin Buber, uno dei maggiori studiosi di Hasidismo, inteso come mezzo di rinascita del Giudaismo, attraverso un processo di origine dell'essere umano a Dio e al mondo, per via di un nuovo umanisimo, nel suo “Il cammino dell'uomo” ( Einaudi) con prefazione di Enzo Bianchi, propone un interrogativo di senso, collegato all'Uomo. Il “dove sei”?, declinato nella accezione del “ri-conoscimento”.

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Così recita il motivo di un brano del rapper Fabri Fibra con Colapesce e Dimartino.

Esiste davvero qualcuno che “ci fa vedere come si fa”?

Da appassionati di circolarità, continuiamo il discorso intrapreso nella edizione precedente, provando a strutturare, contestualmente una risposta e un nuovo quesito. Quello successivo.

Qual è l'estensione più istintiva (si perdoni l'allitterazione) dell'azione di “messa in luce”?

Quella della propagazione.

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Proviamo a ragionare per sottrazione.

In quale momento siamo maggiormente in grado di apprezzare la Luce?

Diremmo, per istinto, al buio!

Ma magari nel buio, persiste una condizione di “luminosità” del tutto anticonvenzionale che resta preferibile e verso la quale orientiamo la nostra personalissima scelta. Tale ragionamento, traducendo le metafore, può essere applicato alla proiezione sul senso della esistenza.

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È sempre una questione est-etica.

Che si tratti di equilibrio, di armonia o di una forma alternativa con la quale (molto personalmente!) giudichiamo una qualsivoglia forma d’arte. La genesi di questa “dis-abitudine alla norma estetica” l’ha espressa in modo straordinariamente affascinante, Gillo Dorfles, critico d'arte, pittore, filosofo e accademico italiano, già visiting professor in varie università americane, professore di Estetica negli atenei di Milano, Cagliari, Firenze, e Trieste, autore di saggi, monografie, articoli ed elzeviri, nel suo Estetica Dovunque, (Bompiani ed.) nel saggio dal titolo: “Elogio della Disarmonia”.

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