Jun 05, 2023 Last Updated 6:32 AM, May 26, 2023

Pe(n)sati libera (dalla propaganda) In evidenza

Pubblicato in Cultura
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“Attività di disseminazione di idee e informazioni con lo scopo di indurre a specifici atteggiamenti e azioni”: parliamo di Propaganda. La pura e semplice esposizione dei fatti nella loro completezza, la descrizione della realtà nella sua interezza le è nemica.

Anche se celata in gesti comuni, conosciamo benissimo la propaganda. Le così dette fake news si basano sull'utilizzo di metodologie di comunicazione appartenenti alle tecniche di propaganda, in grado di persuadere i destinatari del messaggio. In molte di queste tecniche si possono trovare falle logiche, in quanto i propagandisti utilizzano argomenti che non sono necessariamente validi. Identificare questi messaggi è un prerequisito necessario per studiare i metodi con cui questi vengono diffusi.

 

Il conscio, metodico e pianificato utilizzo di tecniche di persuasione per raggiungere specifici obiettivi atti a beneficiare coloro che organizzano il processo, si nasconde dietro concetti a noi anche troppo familiari.

La stereotipizzazione è una di queste tecniche che tenta di far sorgere pregiudizi nel pubblico etichettando l'oggetto della campagna propagandistica come qualcosa che la gente trova indesiderabile. La stereotipizzazione non ha seguito se non produce uno Slogan infatti “fare propaganda” significa scegliere le notizie, decidendo quali diffondere e quali tacere.

La propaganda ha assunto nel corso della storia un ruolo rilevante soprattutto col procedere della massificazione della società. Gustave Le Bon con la Psicologia delle folle (1895), pose le fondamenta della Psicologia delle masse. Nel libro si spiega come "l'opinione delle masse", dopo essere stata soppressa con successo per quasi tutta la storia dell'umanità, sia ormai diventata incontenibile. Si scrive a proposito:

«In questa forma di comunicazione, i giudizi e le opinioni sono impacchettati come gli articoli delle drogherie e offerti per il consumo nella loro obbiettiva realtà [...] preparati e offerti alla nostra generazione nel miglior modo possibile dai giornali, che rendono possibile la più veloce delle produzioni, delle moltiplicazioni e delle distribuzioni di fatti e pensieri, proprio come la cucina di un albergo prepara cibo e vivande in tutte le forme e quantità immaginabili. [...] La stampa è il vero organo dell'opinione pubblica, un'arma e uno strumento nelle mani di coloro che sanno come utilizzarla e devono utilizzarla. Essa è comparabile, e in un certo senso superiore, alla forza materiale posseduta dai governi con i loro eserciti, i loro tesori e la loro burocrazia.

(Ferdinand Tonnies, Community and Society, East Lansing (Mich.) 1957 (1ª ed. 1887), p. 221.)

Se di stereotipizzazione si è sempre discusso, oggi quella di genere rappresenta un argomento cocente toccato ormai “dai più” attraverso l’esplicito commento in ogni sistema di messaggistica instantanea. Ma quando parlare di studi di genere, quando di femminismo? L’argomentazione sarebbe davvero vasta e non potrei parlarne qui per esteso dando il giusto valore al tema trattato. Possiamo però iniziare a capire quali connessioni esistono oggi tra propaganda e femminismo, in particolare in che modo si usa il femminismo per fare propaganda.

Il Femminismo è definito dall’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, come “movimento di rivendicazione dei diritti economici, civili e politici delle donne; in senso più generale, insieme delle teorie che criticano la condizione tradizionale della donna e propongono nuove relazioni tra i genitori nella sfera privata e una diversa collocazione sociale in quella pubblica”. Continuamente negli ultimi anni riflettiamo su come venga percepito oggi il femminismo, su come venga diffuso sui media, sui suoi impatti reali e su come le politiche e la comunicazione del fenomeno possano essere migliorate.

I fattori in gioco sono veramente innumerevoli; spesso ci si pone il fine di far emergere i diritti delle donne si, ma contro quello degli uomini. Un buon movimento emancipatorio dovrebbe fondarsi sull'idea di valorizzare la donna quanto l’uomo senza negare che uomini e donne rappresentino due essenze differenti. Un uso distorto delle tematiche femministe sui social media è a mio avviso regia di propaganda, la quale tende a imporre una sorta di supremazia della figura femminile, dipingendola forzatamente come «migliore» rispetto all'uomo, (multitasking, wonderwoman, womanpower) con ciò, però, esacerbando ancora di più il gap esistente. E così la donna appare ai miei occhi strumento di propaganda contemporanea.

Su questo tema, è facile essere fraintesi, anche sui social, perdendo così di vista la complessità di un fenomeno troppo spesso banalizzato. Il problema della questione femminista è sociale ed educativo: riguarda tanto gli uomini quanto le donne. È corretto che tutti imparino a rispettare tutti.

Questa vastità di punti di vista, che spesso confonde, è stata ricondotta a due correnti di pensiero, gli studi di genere e il pensiero della differenza.

In estrema sintesi, la teoria degli studi di genere si basa sul raggiungimento dell’uguaglianza dei diritti sociali e politici senza rinunciare alla specificità della singola appartenenza di genere (il femminismo liberale, il femminismo marxista, il femminismo radicale, il femminismo socialista, il femminismo nero, l’ecofemminismo, il femminismo lesbico e il cyber-femminismo). Invece la teoria della differenza vuole riscrivere la simbologia considerata come forgiata dal maschile perché non reale e narrata attraverso parole non proprie delle donne. Tuttavia, fa delle specificità legate al genere punti di forza.

 La diatriba relativa allo stesso concetto di femminismo potrebbe essere sterile in quanto risulta evidente la complessità dei punti di vista. Un movimento così variegato è difficile da ricondurre ad un unico termine, proprio perché in quanto «movimento» subisce una continua evoluzione socio-culturale.

Ritengo che il femminismo oggi sia una questione in gran parte commercializzata e accolta dal marketing come macchina per far soldi. Starebbe a noi s-velarne lo slogan propagandistico, togliere il velo mistificatore!

Conoscendo ormai la potenza della rete, sappiamo come sia facile perdervisi, creare bolle di realtà. La sensazione è che il movimento femminista oggi si ritrovi ad affrontare la sfida dell’esplosione digitale inizio millennio. È vitale studiare, analizzare, approfondire gli aspetti che stanno dietro questi cambiamenti per dibatterne e confrontarsi con punti di vista differenti.

“Non sono femminista, sono oltre-femminista”

potremmo partire da questa nuova considerazione per andare oltre sia riguardo gli studi di genere sia riguardo la politica propagandistica celata dietro lo scontro dei sessi. A cosa ci porterà l’essere Oltre?

Concetta Vaglio

Concetta Vaglio

"Dottore di Ricerca (in fieri) in Filosofia presso Unibas. 

Affascinata dalla bellezza del mondo, amo l’arte, la letteratura, il cinema, la musica.. contemplo ogni minuscolo angolo di mondo perché credo che la bellezza risieda negli occhi con i quali si guarda..

Amo viaggiare, scoprire “il nuovo” dentro e fuori..

Sposto continuamente in avanti il limite e ne analizzo la soglia! 

Penso ed esisto, provo a giudicare il giusto e cerco emozioni in ogni momento  della mia vita! 

Il filosofo d’altronde è colui che “costantemente vive, vede, sente, intuisce, spera e sogna cose straordinarie.”

Nietzsche

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