“Le chagrin des ogres”, il dolore degli orchi ha chiuso a Potenza la decima edizione del “Città delle 100 scale Festival”, con una produzione internazionale di altissimo livello.
Lo spettacolo, del 2009, scritto e diretto dall'autore e regista belga Fabrice Murgia, Leone d'argento per l' innovazione teatrale della Biennale di Venezia nel 2014 e Direttore del Théâtre National di Bruxelles,
è un'opera giovanile, concepita nel 2005, quando l' autore aveva solo 26 anni, ma rimane di grande attualità, nonostante evochi fatti lontani, scandali e devastazioni di inizio millennio.
E per questo ha ancora un senso continuare a metterlo in scena.
Indaga la delicata stagione dell'adolescenza nei monologhi di due figure claustrofobiche, chiuse in due stanze. Un ragazzo e una ragazza problematici, che si intravedono attraverso due finestre. Entrambi hanno una webcam puntata in volto. Parlano il moderno linguaggio della tecnologia, insistendo sulla forza del suono e dell'immagine.
Chiari, nei due personaggi, i riferimenti a Bastian Bosse e Natasha Kampush.
Bastian aveva 18 anni quando, nel Novembre del 2006, aprì il fuoco nel suo vecchio Liceo a Emsdetten, in Germania, ferendo cinque persone, prima di suicidarsi. Al suo blog Fabrice Murgia ha fatto riferimento per scrivere il testo.
Natascha, ora affermata scrittrice austriaca, era stata rapita a 10 anni, nel 1998, e tenuta prigioniera per otto anni, fino al 2006 da Wolfgang Priklopil.
Riuscì a fuggire e raccontò la sua storia in molte interviste e in un libro.
C'è poi - sempre in scena - una terza figura, che commenta i monologhi. Una bambina mostruosa vestita di bianco, sporca del suo stesso sangue in viso e sull' abito. E' l'infanzia violata, che muore, nel giorno in cui si diventa adulti.
Il testo è analitico e lirico al tempo stesso: racconta e evoca, aprendo squarci poetici, nella fredda crudeltà cronachistica.
Non ci sono dialoghi, soltanto monologhi. Regna l'incomunicabilità, prevale un gran senso di malessere e solitudine. Alla fine c'è – però - una generazione, che, nell' annientamento, capisce che è il momento di scegliere e rinascere, lasciandosi alle spalle le macerie dei padri. Con nuovi metodi, nuovi linguaggi, nuove prospettive. E con un nuovo Teatro.
Una buona chiusura per il Festival. Si lavora già alla prossima edizione e promette – come sempre – sorprese di qualità!
Grazia Napoli