Apr 19, 2024 Last Updated 9:23 AM, Dec 12, 2023

A teatro la “favola nera” di Fabrice Murgia

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Una favola nera e onirica, per parlare di adolescenza, incomunicabilità, disperazione, rinascita.

 

“Le chagrin des ogres”, il dolore degli orchi ha chiuso a Potenza la decima edizione del “Città delle 100 scale Festival”, con una produzione internazionale di altissimo livello.

Lo spettacolo, del 2009, scritto e diretto dall'autore e regista belga Fabrice Murgia, Leone d'argento per l' innovazione teatrale della Biennale di Venezia nel 2014 e Direttore del Théâtre National di Bruxelles,

è un'opera giovanile, concepita nel 2005, quando l' autore aveva solo 26 anni, ma rimane di grande attualità, nonostante evochi fatti lontani, scandali e devastazioni di inizio millennio.

E per questo ha ancora un senso continuare a metterlo in scena.

Indaga la delicata stagione dell'adolescenza nei monologhi di due figure claustrofobiche, chiuse in due stanze. Un ragazzo e una ragazza problematici, che si intravedono attraverso due finestre. Entrambi hanno una webcam puntata in volto. Parlano il moderno linguaggio della tecnologia, insistendo sulla forza del suono e dell'immagine.

Chiari, nei due personaggi, i riferimenti a Bastian Bosse e Natasha Kampush.

Bastian aveva 18 anni quando, nel Novembre del 2006, aprì il fuoco nel suo vecchio Liceo a Emsdetten, in Germania, ferendo cinque persone, prima di suicidarsi. Al suo blog Fabrice Murgia ha fatto riferimento per scrivere il testo.

Natascha, ora affermata scrittrice austriaca, era stata rapita a 10 anni, nel 1998, e tenuta prigioniera per otto anni, fino al 2006 da Wolfgang Priklopil.

Riuscì a fuggire e raccontò la sua storia in molte interviste e in un libro.

C'è poi - sempre in scena - una terza figura, che commenta i monologhi. Una bambina mostruosa vestita di bianco, sporca del suo stesso sangue in viso e sull' abito. E' l'infanzia violata, che muore, nel giorno in cui si diventa adulti.

Il testo è analitico e lirico al tempo stesso: racconta e evoca, aprendo squarci poetici, nella fredda crudeltà cronachistica.

Non ci sono dialoghi, soltanto monologhi. Regna l'incomunicabilità, prevale un gran senso di malessere e solitudine. Alla fine c'è – però - una generazione, che, nell' annientamento, capisce che è il momento di scegliere e rinascere, lasciandosi alle spalle le macerie dei padri. Con nuovi metodi, nuovi linguaggi, nuove prospettive. E con un nuovo Teatro.

Una buona chiusura per il Festival. Si lavora già alla prossima edizione e promette – come sempre – sorprese di qualità!

Grazia Napoli

Grazia Napoli

GIORNALISTA

Anche se lavoro da sempre in Tv mi piace plasmare le parole sulla carta. Raccontare è il mio mestiere, ma anche la mia passione.

I libri. Ne ho tanti. Anche doppioni. Non li presto. Sono pezzi di vita. Il mio preferito, “Gita al Faro”. Virginia Woolf la “mia” scrittrice. Nasco anglista.  Finisco giornalista. Dal 2008, affastello pensieri, riflessioni, recensioni e ricordi sul mio sito.  Prende il nome da un mio saggio, ma - col tempo - è diventato molto altro.

Tra cronaca e poesia, trionfa il Teatro. Tutto. Indistintamente.

La musica…beh. Amo Claudio Baglioni! E qui so che il maestro De Giorgi riderà!

Nelle pause: viaggio! Vado alla scoperta del mondo. Ma soprattutto di me stessa!

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