L’idea di mutuare la simbologia del viaggio, portando altrove, nei luoghi in cui Ulisse lasciò le sue tracce, parte dalla Rete Museale Regionale della Calabria, il cui direttore artistico è Sergio Basile.
Si tratta di un percorso ambizioso che prevede nel tempo altre “tappe” non solo sul territorio italiano, partendo dalla vicina Basilicata, altro importante sito magnogreco, ed europeo, ma anche oltreoceano contribuendo così alla promozione e alla valorizzazione turistica dell’intero Mediterraneo.
La prima “uscita” a Tropea, nel 2020, ha avuto notevoli riscontri da parte del pubblico e del mondo dell’arte, contribuendo ad affrancare la nota località turistica calabrese da un turismo legato solo al mare e alle bellezze della natura.
Un percorso che prevede anche il coinvolgimento di accademici e scultori impegnati nella riproduzione di capolavori dell’arte custoditi altrove. Tra le opere presenti a Palermo si è potuta ammirare la copia del “Laocoonte” dei Musei Vaticani, il cui gruppo marmoreo originale fu rinvenuto nel 1506 nei pressi della Domus Aurea, e che rappresenta un riferimento autorevolissimo per gli artisti del Rinascimento e soprattutto del Barocco, che proprio in Sicilia, al pari della Puglia, esprime le più alte espressioni.
L’«Odissea Museum» ha seguito e seguirà la “rotta” dei fatti e dei miti omerici e prevede un percorso che non trascura nessun personaggio del poema. Sculture, vasi, bassorilievi, tele, pannelli, permettono di solcare il mare verso una destinazione da noi oggi conosciuta ma ignota al momento della partenza di Ulisse, coinvolgendo totalmente il visitatore in un’esperienza unica, davvero molto originale.
La mostra non può non avere uno stretto legame con le descrizioni omeriche nel corpo del poema, dalla storia dei popoli del Mediterraneo ai miti e ai misteri. È stata un’esperienza straordinaria che ha generato nel visitatore una “full immersion” inimmaginabile.
Interessanti anche le opere di antichi orafi egizi, cretesi, achei e magnogreci, messe a confronto con le preziose lavorazioni artigiane del nostro tempo, come la collezione unica di Michele Affidato, maestro orafo crotonese, che è anche ambasciatore Unicef, sull’antica oreficeria della Magna Graecia. L’orafo, noto ben oltre i confini nazionali, è presente attraverso i suoi pregiatissimi manufatti.
Opere originali e riproduzioni (non solo il “Laocoonte”) dei maggiori capolavori ispirati dalla narrazione omerica esposte in tutto il mondo, così come le ceramiche antiche di Roberto Paolini (in arte Pithos) di Cerveteri, i vasi in rilievo della professoressa Rosella Costa e dell’artista poliedrico Franco Coppoletta, di Catanzaro, della collezione del direttore Sergio Basile, dei maestri ceramisti Claudio Panaia e di Beatrice Russomanno di Squillace, sito principe magnogreco, nonché della collezione di reperti archeologici Carravetta di Crotone.
Non è mancato il riferimento al mito del cavallo di Troia, geniale macchina da guerra che i greci usarono per espugnare la città, che però è tuttora in lavorazione, con una struttura in acciaio che prevede la tecnica computerizzata del “metal 3D” proprio per simboleggiare la funzione di manufatto bellico per quei tempi avveniristico, anche se recenti studi propendono per una traduzione non perfetta di testi di Plinio il Vecchio, secondo i quali non si sarebbe trattato di un cavallo ma di un’imbarcazione del tipo “hyppos”, e ciò renderebbe meno affascinante il “mito”.
Una sintesi di straordinaria rilevanza artistica e storica, un appagamento dell’occhio e dell’anima. Di sicuro, per i visitatori, è stata tutt’altro che una “odissea” nel senso profano del termine e le prossime mostre attireranno ancora l’interesse degli amanti della storia e della bellezza in altri luoghi e in altri contesti.
Valentina Ammirato