Apr 20, 2024 Last Updated 9:23 AM, Dec 12, 2023
Francesca Soloperto

Francesca Soloperto

Dilettante Fotografa

Mi faccio catturare da tutto ciò che mi da emozione e immagazzino nel mio Io.

Sono curiosa verso tutto ciò che può insegnarmi qualcosa.

Sono curiosa verso l’Arte qualunque essa sia perché penso che sia espressione di un altro Io, dunque porta alla riflessione e al confronto, perciò crescita.

Considero il “Viaggiare” una forma di Educazione al Sapere e al saper Vivere, aspiro dunque a girare il Mondo…così da poter poi affermare: “ ho conosciuto, ho vissuto!”.

Cos’è per me la fotografia?

“Se guardando la foto questa mi da la stessa emozione che ho provato scattandola allora è lei, diversamente la cancello”.

Credo che tra le parole più inflazionate durante la pandemia si possa annoverare “Smart working”. Quanto suona all’avanguardia questo vocabolo che per molte edizioni del TG è stato all’ordine del giorno. Come riportato da Fiorella Crespi in “Smartworking: cosa significa e perché è così importante?”, secondo la definizione di Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio Smart Working, Politecnico di Milano, la parola in questione significa: «Ripensare il telelavoro in una ottica più intelligente, mettere in discussione i tradizionali vincoli legati a luogo e orario lasciando alle persone  maggiore autonomia nel definire la modalità di lavoro a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati. Autonomia, ma anche flessibilità, responsabilizzazione, valorizzazione dei talenti e fiducia diventano i principi chiave di questo nuovo approccio.»

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Non è forse la vita l’itinerario che tutti ci ritroviamo a percorrere? Con infiniti bivi, insegnamenti, dubbi, e a volte rimorsi, ma anche gioie e soddisfazioni!

Soffermandomi a riflettere sul significato di itinerario e dunque sul viaggio della mia vita, guardandomi indietro alla soglia dei quaranta, mi son detta: «Però, ne ho fatti di colpi di testa!». Fin da piccola determinata e testarda, pronta ad ottenere ciò che davvero volevo, con momenti di fragilità dove anche una sola parola detta dalla persona a cui volevo bene o stimavo poteva ferirmi come la freccia più appuntita.

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Alle scuole medie lessi un brano durante l’ora di antologia che parlava dell’importanza dell’in-formare. Non ricordo il titolo, troppi anni sono passati, ahimè! Ricordo molto bene il contenuto e il messaggio che voleva che arrivasse. Si parava dell’importanza che si ha nell’istruire le persone a fare qualcosa, nel renderle capaci, nel saper scegliere cosa è giusto o sbagliato, ma soprattutto nella possibilità di sapere così da essere indipendenti. Si parlava di come i paesi sviluppati sbaglino nell’andare nei paesi sottosviluppati iniziando a costruire e “occidentalizzare” quei posti. In realtà sarebbe molto più utile civilizzare per davvero quei paesi, offrendo e costruendo loro delle scuole, in-formando e cioè formando quelle popolazioni che lo necessitano, per poter andare avanti da soli in tempi odierni ed essere competitivi. Serve a poco andare lì e costruire una casa se non gli si insegna come fare affinché loro lo possano fare da soli e creare la loro economia senza essere sempre dipendenti da qualcun altro e spesso sfruttati poiché ricchi di appetibili risorse a vantaggio di chi ha già esaurito le scorte.

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«Da grande sarai un avvocato! Da grande diventerai un dottore!». Mai nessun genitore dice o pensa: «Da grande sarai un musicista, oppure un bravissimo fotografo», quelli sono hobby! È come se inconsciamente si pensasse: sono lavori che non pagano, non importa quanto ti piaccia. La realizzazione come esito della nostra persona non viene concepita se non incontra gli standard classici.

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Mentre confezionavamo il nuovo numero della rivista, il cui tema è l’esito, sono giunte le notizie del conflitto della Russia contro l’Ucraina. Ci sentiamo disarmati di fronte alla follia delle armi e della violenza, non capiamo il senso di questa nuova guerra che si sovrappone a quella ancora in corso contro il maledetto virus. Le immagini dei bombardamenti che scorrono in tv e sui social si sono bruscamente sostituite a quelle degli ospedali e degli hub vaccinali. Morti che si aggiungono a morti. Dolore che si aggiunge a dolore. Ci sfugge il senso di una guerra il cui esito sarà solo quello di distruggere il futuro di centinaia di migliaia di bambini, di giovani, di adulti. (E.B.)  

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