Giornalista pubblicista, batterista sconveniente.
Leggo. Mi incuriosisce la fisica quantistica. Mi piace il jazz. Scrivo in privato, uso il Garamond. Credo nella sezione aurea, nell’entanglement, nel dualismo onda particella. Preferisco i film francesi, i cibi semplici, le persone semplici, i problemi semplici.
Il mio orario del cuore sono le cinque e venti. Detesto usare Domodossola nel gioco “Nomi, cose, città” e vivrei volentieri a Londra, Parigi e Roma, come la maggior parte delle vallette degli illusionisti. Fin da ragazzo ho l’età che descrive J. L. Borges in Limites. Se non svolgessi un lavoro in ambito giuridico legale, probabilmente avrei voluto essere quello che fischia nella canzone Lovely head dei Goldfrapp.
Alle festicciole di Carnevale, quand’ero bambino, era immancabilmente presente un manipolo di piccoli Zorro. Zorro - davvero debbo spiegare di chi parlo? - godeva di una ammirazione notevole e suscitava, più di diversi altri personaggi della fantasia, tentativi di emulazione.
C’è un viaggio estremo che anche le menti più grandi sono destinate a compiere, più duro che la discesa nell’Ade, definitivo nella sua essenza eppure transitorio come pochi, un viaggio che testimonia la sopravvivenza, l’ultravivenza, si direbbe, ma che sempre si accompagna alla morte.
Sabato 10 dicembre, con inizio previsto alle ore 21.00, presso il Jazz Club del circolo culturale Gocce d’Autore a Potenza, era di scena il Mino Lanzieri trio, con la speciale partecipazione di Reuben Rogers.
Il fatto culturale che più mi ha colpito nei giorni scorsi è stato il treno. Da qualche giorno la Basilicata, dalla quale scriviamo, è collegata alla linea ferroviaria ad alta velocità, attraversata fin giù fino a Taranto, da due corse quotidiane di treni.